L’Onu chiede al governo nepalese di far luce sulle centinaia di scomparsi nella guerra civile
Kathmandu (AsiaNews) – Nella Giornata mondiale delle persone scomparse, celebrata ieri, la Commissione Onu per i diritti umani (Unhrc) chiede al governo di consegnare alla giustizia i quadri dell’esercito e delle milizie maoiste responsabili di aver fatto sparire oltre mille persone durante la guerra civile. Secondo la Unhrc, a tutt’oggi sono ancora 835 i dissidenti, spariti tra il 1996 e il 2006, che mancano all’appello. Ieri, familiari delle vittime e associazioni per i diritti umani nazionali e internazionali, hanno reso omaggio agli scomparsi con conferenze e dibattiti. Le manifestazioni si sono concluse con una fiaccolata nel quartiere di Basantapur, cuore della capitale.
La guerra civile del Nepal ha contrapposto per 10 anni esercito e guerriglieri maoisti, che combattevano con l'obiettivo di rovesciare la monarchia e istituire la Repubblica popolare del Nepal. Il conflitto si è concluso con un accordo globale di pace tra esercito e maoisti firmato il 21 novembre 2006 davanti a Onu e comunità internazionale. In dieci anni il conflitto ha fatto più di 12.800 morti e circa 100mila sfollati. In questo clima di anarchia l’esercito, che controllava le aree urbane, e i maoisti, presenti invece nelle aree rurali, si sono macchiati di crimini contro la popolazione civile, facendo sparire i dissidenti e tutti coloro che al tempo denunciavano i fatti.
Nonostante la creazione nel 2007 della Truth and Reconciliation Commission, sponsorizzata dall’allora governo maoista, eletto nel 2008, e dalle più alte cariche dello Stato, a tutt’oggi nessuno dei responsabili è stato processato. Finora le autorità hanno giustificato il ritardo con l’instabilità politica vissuta in questi anni dal Paese.
Ramil Nepal, responsabile nepalese per Amnesty International, afferma: “Il ritardo nella formazione della Commissione per la verità e la riconciliazione è dovuta alla poca volontà dei politici nel fare luce su questi fatti”. "In futuro – ha aggiunto – il perpetrarsi delle ingiustizie porterà sfiducia verso il Paese, minando l'armonia sociale”.
Shanti B.K., donna di 32 anni del distretto di Bardya, non ha notizie di suo marito da quasi sette anni. “Mio marito è stato preso dai militari, mentre stava dormendo accanto a me – racconta la donna – e nessuno sa dirmi nulla sulle sue condizioni. Spesso i miei due bambini mi chiedono che fine ha fatto loro padre”. “Il nostro piccolo pezzo di terra – continua – è stato ipotecato e mi sono rivolta a diverse organizzazioni, ma nessuno ha saputo dirmi nulla su mio marito”. Shanti denuncia l’indifferenza della autorità, che in questi anni non hanno fatto nulla per sostenere le famiglie degli scomparsi, costringendole a vivere di stenti.
22/11/2018 08:50