L’Italia guida oltre il 30% delle operazioni belliche in Libia
L’operazione militare italiana in Libia è iniziata lo scorso 22 marzo. Secondo le dichiarazioni del governo l’intervento si doveva limitare alla cessione di basi e all’utilizzo di aerei da guerra in operazioni di mantenimento della No Fly Zone stabilita della Nato (Suppression of Enemy Air Defense - Sead). L’appoggio escludeva deliberati attacchi contro truppe, convogli e postazioni militari. Per Del Boca, gli alti costi dell’operazione costringeranno il nostro Paese ad uscire della missione in Libia. Secondo dati del ministero italiano degli Interni, a tutt’oggi il governo ha speso oltre 1 miliardo di euro.
Intanto Nato, Lega araba e Paesi occidentali stanno già decidendo il dopo Gheddafi e si allunga la lista dei Paesi che appoggiano i ribelli di Bengasi, promettendo finanziamenti e armi per portare gli insorti alla vittoria. Oggi, Germania ed Emirati arabi hanno riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione come legittimo rappresentante del popolo libico, annunciando la prossima apertura di un ufficio diplomatico a Bengasi. Tuttavia, fonti locali spiegano che la popolazione delle aree ancora in mano al rais rivendica una qualche voce in capitolo e chiede l’interruzione immediata dei bombardamenti e della guerra.
“L’intervento Nato – sottolinea Del Boca - viola non solo la risoluzione Onu 1973, ma anche quegli articoli che vietano l’intervento di Stati stranieri in una guerra civile”. Lo storico sottolinea che nonostante i costi esorbitanti, la Nato spera di uccidere il rais. Tuttavia la crisi non si risolverà con la sua uscita di scena, o la sua morte. “I Paesi che hanno iniziato questa guerra – spiega lo storico – sono convinti che tolto Gheddafi tutto finirà per il meglio. In realtà secondo miei informatori, sono ancora centinaia di migliaia le persone che appoggiano il governo libico. Cosa ne sarà di questa gente una volta terminata l’offensiva?”.
Da Tripoli, mons. Giovanni Martinelli, Vicario apostolico in Libia, racconta che “la Nato continua a bombardare la capitale e le aree limitrofe; i caccia passano sopra le nostre teste giorno e notte”. Il prelato sottolinea che “a oltre tre mesi dall’inizio della missione in Libia, le bombe non hanno risolto nulla. A tutt’oggi non vi sono soluzioni per finire questa guerra e gli appelli per una tregua rimangono inascoltati”. (S.C.)