L’Iran andrà alla conferenza di Baghdad, ma chi lo rappresenterà?
Teheran (AsiaNews) - L’Iran è l’unico Stato a non aver ancora risposto esplicitamente e formalmente all’invito a partecipare alla conferenza di Baghdad sulla stabilizzazione dell’Iraq. Dovrebbe sicuramente prendervi parte, ma chi rappresenterà il regime dei mullah? Come per il dossier nucleare, sono molti a prendere la parola ed a pretendere di rappresentare la Repubblica islamica: nelle ultime ore, Larijani, Ahmadinejad e il capo delle Guardie della Rivoluzione, Safavi. Tace invece la personalità invitata a Baghdad, il Ministro degli esteri Mottaki.
Fa la “diva”, la Repubblica islamica? Sembra di sì. Per molte decisioni strategiche, infatti, i vari centri del potere si devono prima coordinare, a porte chiuse o in modo clamoroso davanti alla stampa. E ciò prende un po’ di tempo. Spontaneamente, il capo del Consiglio nazionale di sicurezza Ali Larijani ha detto che l’Iran “studiava la proposta irachena”. A proposito del fatto più interessante, se non affascinante per il regime iraniano, quello di sedere allo stesso tavolo con gli Stati Uniti, ha semplicemente detto che “non sarebbe un problema”! Non perdere faccia, mantenere l’orgoglio nazionale: un elemento essenziale quando si tratta dell’Iran… che spesso costa molto ai Persiani.
L’Iran non ha espresso condizioni per la partecipazione alle discussioni sull’Iraq. Lariani ha detto che “l’Iran parteciperà se è nell’interesse dell’Iraq” e che “la sicurezza in Iraq riguarda tutti i Paesi vicini, e loro devono contribuire a stabilire la situazione”. Mahmoud Ahmadinejad critica la politica statunitense in Iraq ed insiste sull’importanza di sostenere il “governo legale dell’Iraq”, la sua sovranità e l’unità nazionale del Paese vicino. Lo preoccupano le relazioni tra sunniti e sciiti. Perciò, il presidente della Repubblica prevede una sosta in Arabia Saudita, sabato prossimo.
Le operazioni statunitensi in Iraq finora sono state molto utili agli interessi iraniani in Medio Oriente. Però, le cose cambiano. Gli incidenti contro “diplomatici” iraniani in Iraq, anche se non se ne parla molto a Teheran, in questi giorni, sono umilianti per l’Iran. Dopo l’esecuzione di Saddam Hussein, una buona notizia per l’Iran, la popolarità degli sciiti Ahmadinejad e Nasrallah è fortemente diminuita nei Paesi “sunniti”. L’influsso indiretto dell’Iran sui governi della regione ha perciò anche perso peso – un elemento di più nell’isolamento crescente dell’Iran.
I vicini dell’Iran, Iraq e Pakistan, sono anche accusati di lasciar passare in territorio iraniano i gruppi armati delle zone instabili dove vivono minoranze etniche e confessionali. Preoccupanti sono le recenti dichiarazioni del capo dei Pasdaran (Guardie della Rivoluzione), Yayha Rahim Safavi: “Avviso i movimenti curdi in Iraq e i ribelli iraniani anti-rivoluzionari, legati con gli stranieri, che il governo iracheno deve espellerli dalla regione. Altrimenti, le Guardie Rivoluzionarie potranno considerare loro diritto di cacciare e neutralizzare questi aldilà del confine, per difendere la loro sicurezza e quella del popolo iraniano.” Aggiunge che, secondo lui, “gli Stati Uniti e i Sionisti cercano di provocare insicurezza in Iran con milioni di dollari, tramite materiale e finanziamento di tv satellitari e acquisto d’armi per questi gruppi”.