15/11/2007, 00.00
SRI LANKA – INDIA
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L’India invita a trattative, ma Colombo e Tigri si promettono guerra

di Melani Manel Perera
Il ministro indiano delle Finanze lancia un appello per il ritorno a colloqui, che prevedano una devoluzione di poteri alle zone tamil. Sordi ribelli e governo, che potenzia le fila dell’esercito con una nuova campagna arruolamenti.

Colombo (AsiaNews) – Ulteriori atti di terrorismo da una parte e operazioni militari dall’altra non faranno che acuire le divisioni dello Sri Lanka; il Paese ha invece bisogno di tornare ai negoziati politici per mettere fine al lungo conflitto etnico. A lanciare l’appello è il ministro indiano delle Finanze, P. Chidambaram. Il suo Paese è stato in passato mediatore nel processo di pace tra ribelli tamil e governo cingalese, ma senza successo. Il ministro, in visita lo scorso 11 novembre nella ex Ceylon, è convinto che l’unica soluzione al conflitto civile risieda nell’intavolare trattative che, senza smembrare il Paese, prevedano però una credibile devoluzione di poteri.

Da oltre 20 anni i separatisti delle Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE) combattono l’esercito regolare per l’indipendenza delle zone nord ed est dell’isola, a maggioranza tamil. Colombo si oppone al momento anche ad una semiautonomia di quell’area. Un cessate-il-fuoco firmato nel 2002, da quasi due anni è ormai valido solo sulla carta. Secondo la Law & Society Trust in Sri Lanka (LST), solo tra il 1 gennaio e il 31 agosto 2007 sono morte 662 persone e 450 scomparse.

Per ora segnali di apertura non arrivano né dalle Tigri, né dal governo centrale. Dopo l’uccisione il 2 novembre scorso in un raid dell’esercito, del leader della loro ala politica, S.P. Thamilselvan, i ribelli hanno giurato vendetta. E non lasciano spazio ad interpretazioni nemmeno le parole del capo dell’Aeronautica militare, Roshan Goonatilake, il quale ha dichiarato che si sta facendo “di tutto” per catturare il più alto esponente delle LTTE, Vellupillai Prabhakaran.

Le intenzioni di Colombo sembrano quelle di dare maggiore impulso agli interventi militari piuttosto che alla diplomazia. Ne è un segnale anche la campagna di arruolamento condotta quest’anno. Secondo stime ufficiali sono 20mila le nuove leve, mentre il governo ha offerto – dal 12 al 25 novembre –l’amnistia a tutti i disertori che hanno abbandonato le armi dal 1 novembre 2004. In un chiaro tentativo di potenziare le fila dell’esercito.

 

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