12/03/2008, 00.00
ASIA
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L’Asia è il continente con le più diffuse violazioni dei diritti umani

Nel Rapporto 2007 del Dipartimento di Stato Usa i Paesi più repressivi sono la Corea del Nord e il Myanmar del massacro dei monaci buddisti. In Iran le adultere sono lapidate. E’ sistematica la violazione dei diritti in Cina, con minacce e arresti di giornalisti e dissidenti e persino dei loro avvocati.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – L’Asia è il continente con maggiori e più diffuse violazioni dei diritti umani, secondo il rapporto per il 2007 del Dipartimento di Stato Usa. Le maggiori violazioni avvengono “negli Stati – dice il Rapporto -  in cui il potere è concentrato nelle mani di governanti irresponsabili”. Al primo posto c’è la Corea del Nord del dittatore a vita Kim Jong-il, dove il regime controlla ogni aspetto della vita civile e sono frequenti omicidi extragiudiziali compiuti dallo Stato, “sparizioni”, detenzioni arbitrarie. Segue la dittatura militare del Myanmar che a settembre ha represso le proteste pacifiche di monaci buddisti e cittadini con pestaggi, torture, almeno 30 uccisioni e oltre 3mila carcerazioni.

L’Iran continua a negare reale libertà di parola ed è aumentata la repressione contro dissidenti, giornalisti, attivisti per i diritti umani e delle donne, minoranze religiose ed etniche. Il governo sostiene gruppi terroristi islamici attivi in Siria, Iraq e Libano e le responsabili di adulterio sono uccise tramite lapidazione. Anche in Siria la situazione è peggiorata, specie con la diffusa detenzione di dissidenti e attivisti per i diritti, con accuse pretestuose come “avere indebolito il sentimento nazionale in tempo di guerra”.

Nella “top ten” seguono lo Zimbabwe, Cuba, la Bielorussia e l’Uzbekistan del rieletto presidente Islam Karimov che con arresti e torture sistematiche ha eliminato l’opposizione interna. Poi Eritrea e Sudan.

La Cina non è inclusa tra i 10 Stati peggiori, dopo che c’era stata nel 2005 e nel 2006. Malgrado l'apparente miglioramento, il Rapporto la indica come un “Paese autoritario” che grazie alle riforme economiche ha avuto una rapida evoluzione sociale, “ma non ha intrapreso una riforma politica democratica e continua a negare i diritti umani basilari e le libertà fondamentali dei cittadini”. Sono ricordati gli stretti controlli contro la libertà religiosa nel Tibet e nello Xinjiang e “il peggiorato trattamento di chi fa petizioni al governo centrale”. “Il governo ha continuato a controllare, minacciare, arrestare e condannare attivisti, scrittori, giornalisti e gli avvocati difensori di questi e le loro famiglie, molti dei quali hanno solo cercato di esercitare i diritti riconosciuti dalla legge”. E’ rimasto in vigore il sistema del laogai (rieducazione-tramite-lavoro), vere prigioni per lavori forzati cui si può accedere con una semplice condanna amministrativa. Anzi, “il 2007 ha visto maggiori controllo e censura su internet e una restrizione delle libertà di espressione e di stampa”, con almeno 29 giornalisti e 51 cyberdissidenti in carcere alla fine dell’anno.

Fonti del Dipartimento di Stato dicono che la lista dei “top ten” è solo  indicativa, ma Sophie Richardson di Human Rights Watch osserva che “la situazione dei diritti non è certo migliorata in Cina, anzi ora ci sono abusi compiuti proprio perché la Cina ospiterà le Olimpiadi” e vuole prima “controllare” dissidenti e attivisti.

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