L’Asia affronterà una “lunga e grave recessione”. Anzi, no.
Singapore (AsiaNews/Agenzie) – Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha detto oggi che in Asia ci sarà una “lunga e grave recessione”, molto peggiore del previsto. All’opposto, molti responsabili di istituti di credito e finanziari assicurano che è iniziata una robusta ripresa economica e consigliano grandi investimenti.
Secondo il Fmi l’Asia nel 2009 crescerà solo dell’1,3%, con un +6,5% in Cina (+7,5% nel 2010) e un +4,5% in India (+5,6% nel 2010). Il Giappone avrà addirittura una perdita del 6,2% e nel 2010 crescerà appena dello 0,5%.
Le cause sono individuate soprattutto nella perdurante contrazione delle esportazioni verso l’Occidente e nella crisi del sistema finanziario globale. Le iniziative dei governi asiatici sono considerate insufficienti, anche perché occorrerà ripensare l’intero modello di sviluppo asiatico, rendendo i Paesi meno dipendenti dalle esportazioni e stimolando il consumo interno. Tra i più colpiti saranno pure Malaysia, Filippine e Thailandia, in quanto molto dipendenti dalle esportazioni di prodotti di alta tecnologia.
Al contrario altri esperti rilevano che in Asia affluiscono di nuovo miliardi di dollari di investimenti esteri, che stanno favorendo una ripresa economica.
La BNP Paribas osserva che i mercati azionari di Taiwan e Corea del Sud sono cresciuti del 35% nel 2009.
Anche Anthony Bolton, responsabile del settore investimenti della Fidelity International, affiliata della Fidelity Investments, leader del settore dei fondi previdenziali, spiega che da mesi investe di nuovo nel mercato asiatico, che ritiene in ripresa.
Gratin Sanval, responsabile per l’Asia dei fondi di investimento di ING Investment Management, è convinto che “le maggiori economie asiatiche usciranno dalla crisi con grande velocità”, soprattutto Cina, India e Indonesia ma anche Singapore e Hong Kong.
C’è anche chi invita a “non interpretare male” i dati. Osserva che seppure la discesa dell’economia si è fermata, non si vede ancora un effettivo recupero e che l’attuale timida ripresa può essere momentanea e dipendere dai robusti finanziamenti operati da molti governi, Pechino in testa.