Londra critica lo Sri Lanka: aiuti a condizione di smantellare i campi-prigione dei rifugiati tamil
di Melani Manel Perera
Il ministro britannico per lo Sviluppo ha visitato i campi profughi nel nord dell’isola. I progressi nel reinsediamento dei rifugiati sono “deludenti” ed il governo di Colombo deve accelerare i tempi prima che la stagione dei monsoni aggravi ancor di più la situazione.
Colombo (AsiaNews) – L’Inghilterra è pronta a stanziare oltre 5 milioni di euro per sostenere l’impegno dello Sri Lanka nell’emergenza profughi, ma non accetta che il governo di Colombo continui a trasferire i rifugiati da un campo all’altro invece che reinsediarli nelle loro regioni di origine.
Ieri Mike Foster, ministro britannico per lo Sviluppo, ha visitato i campi profughi nel nord dello Sri Lanka e ha criticato il governo di Mahinda Rajapaksa per come gestisce l’emergenza. “Le condizioni nei campi sono migliorate dall’ultima mia visita”, ha affermato il ministro inglese, ma i progressi nel reinsediamento degli oltre 200 mila rifugiati sono “deludenti” ed il governo di Colombo deve accelerare i tempi prima che la stagione dei monsoni aggravi ancor di più la situazione delle Internally Displaced Persons (IDPs).
Lo Sri Lanka ha promesso di rimandare a casa almeno il 70% degli IDPs entro gennaio 2010, ma il Regno Unito chiede risultati concreti per stanziare i 4,8 milioni di sterline destinati agli aiuti umanitari ed all’opera di sminamento delle regioni un tempo sotto il dominio delle Tigri Tamil.
Foster invita Colombo a considerare la possibilità di spostare i rifugiati almeno in centri di accoglienza più grandi e attrezzati rispetto agli attuali campi “chiusi” in cui i profughi non hanno la minima possibilità di movimento e che diverse organizzazioni umanitarie descrivono come veri e propri centri di detenzione.
Per il ministro inglese anche “la soluzione temporanea” di far ospitare gli IDP presso famiglie di parenti e amici “può evitare i problemi umanitari nei campi causati dalle piogge”. La stagione dei monsoni raggiungerà il suo picco tra metà ottobre e dicembre e rischia di portare con sé epidemie, inquinamento delle acque e deterioramento degli aiuti a cui gli IDPs non potranno sottrarsi se continueranno ad essere privati di ogni libertà di movimento come è accaduto sino ad oggi nei campi profughi.
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