Lo Sri Lanka ignora il dramma delle popolazioni dove impazza la guerra civile
Colombo (AsiaNews) - L’opinione pubblica dello Sri Lanka ignora il reale livello di miseria in cui vive la popolazione del nord dell’isola. Secondo padre Sarath Iddamalgoda, coordinatore del Christian Solidarity Movement (Csm), se si conoscesse davvero la situazione della popolazione del distretto del nord si capirebbe che la guerra non è la soluzione e che è urgente cercare una soluzione pacifica.
La guerra civile, che vede contrapposte le forze governative al Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte), ha ridotto gli abitanti della regione in condizioni drammatiche. La stagione dei monsoni ha peggiorato ancora di più la situazione, ma la gravità del momento rimane quasi sconosciuta anche per via del divieto d’accesso all’area imposto ai giornalisti. Padre Iddamalgoda racconta ad AsiaNews l’opera umanitaria a favore della popolazione tamil nell’area di Vanni, dove domina il Ltte. “Innanzitutto cerchiamo di diffondere tra la popolazione del sud le informazioni che riceviamo per creare maggior consapevolezza della situazione di sofferenza in cui vivono gli abitanti della regione. In secondo luogo raccogliamo donazioni”. Grazie all’impegno di molti laici e religiosi (nella foto un momento della raccolta per le strade di Negombo), il Csm ha raccolto più di 80mila rupie srilankesi [all’incirca 600 euro] nella città del distretto occidentale e “molto di più abbiamo ricevuto a Colombo e Moratuwa: speriamo di poterle consegnare al vescovo di Mannar nella prima settimana dei novembre”.
Il Csm è nato quest’anno, dopo l’assassinio di padre Mariampillai Xavier Karunaratnam, avvenuto il 20 aprile proprio sulla strada che da Mallaavi-Vavunikkulam porta a Vanni. Iddamalgoda spiega che l’omicidio di padre Kili, come era popolarmente chiamato il sacerdote cattolico, “ci ha fatto comprendere che singoli gruppi svolgono un grande servizio e sono necessari, ma da soli non possono ottenere molto sul piano nazionale”. Padre Kili era conosciuto e stimato nella regione. Presidente del Segretariato per i diritti umani del nordest (Nesohr), si era sempre battuto per i diritti della popolazione Tamil e a favore della riconciliazione con le comunità Sinhala.
L’opera del Csm coinvolge cattolici ed anglicani. “La situazione nazionale – afferma padre Iddamalgoda – richiede la formazione di una rete che coinvolga i diversi gruppi cristiani delle diverse chiese per levare una voce profetica in un momento in cui continuano le morti a causa della guerra e della cessazione dei colloqui di pace”
Dalla sua nascita ad oggi il Csm ha organizzato diversi momenti di incontro e preghiera per sensibilizzare la popolazione sulla situazione nel nord del Paese. Padre Iddamalgoda racconta, a mo’ di esempio, la sua visita alla chiesa di San Sebastian, A Kandana, ai primi di ottobre. “Il parroco ci ha invitato a parlare ai fedeli delle condizioni dei profughi di Vanni. Abbiamo spiegato loro la responsabilità cui sono chiamati i cristiani in momenti come questo, distribuito volantini per sensibilizzarli sulla situazione. La risposta è stata molto positiva”. Il fondatore del Csm ha in mente diversi esempi di persone che hanno espresso una vera partecipazione a quanto raccontato loro. Sono soprattutto i più poveri a dimostrare solidarietà: “Ho visto una donna che veniva al mercato offrire 200 rupie. Due persone davvero povere dare con generosità 10 e 20 rupie”.
La speranza del Csm è quella di far capire che “la guerra può solo distruggere le vite di centinaia di persone, mentre solo una soluzione politica potrà salvarle. Sfortunatamente – dice padre Iddamalgoda – i leader politici del nostro Paese questo non lo hanno capito lungo gli ultimi 60anni”.
L’attività del movimento trova per questo anche opposizione da parte delle autorità. “Quando siamo andati a Negombo – ricorda il direttore del Csm – abbiamo ricevuto una segnale negativo dal deputato Sarath Gunarathna [membro del parlamento della città e direttore generale per l’aviazione ed i porti Ndr]. Mi ha chiamato al telefono e presentato le sue proteste per quello che stavamo facendo. Ci ha accusato di ingannare la gente semplice, intimato di non proseguire nella nostra iniziativa che danneggiava il governo ed i suoi tentativi di costruire buoni rapporti con la popolazione tamil. Mi ha chiesto perché non parliamo del Ltte e ricordato che il governo manda cibo nella regione. Era particolarmente adirato quando ho menzionato che le comunicazione con Vanni sono impossibili. Mi ha anche minacciato indirettamente dicendomi che avrebbe fatto presente la nostra attività a Basil Rajapaksha, uno dei fratelli del presidente e suo consigliere anziano”. Per padre Iddamalgoda questo è un segnale del “vuoto di democrazia nel nostro Paese. Abbiamo il bisogno del permesso dei politici per compiere quello che la nostra religione ci chiede”. Gunarathna ha ripetuto poi in pubblico le accuse verso il Csm ed il suo direttore e le dichiarazioni del deputato sono state riprese dalla televisione di stato. “Un’altra implicazione di questa vicenda – dice padre Iddamalgoda - è la mancanza di libertà di espressione. Ci vuole fare intendere che la verità è solo quella che il governo annuncia attraverso i media e che tutto può succedere se uno non si alinea all’ideologia ufficiale. Ma noi non ci arrenderemo”.