Libertà di culto, ma non di religione, per i cristiani in Iran
E' la conclusione raggiunta al termine di una visita, giudicata positivamente, di una delegazione della Conferenza episcopale svizzera a Teheran.
Teheran, (AsiaNews) In Iran c'è libertà di culto, manca quella piena di religione. E' una delle conclusioni alle quali è giunto il Gruppo di lavoro "Islam" della Conferenza dei vescovi svizzeri, al termine di una visita, complessivamente positiva, compiuta in Iran dal 17 al 24 aprile, In stretto collegamento con la Chiesa locale. Tema centrale della visita: i diritti delle minoranze religiose. I problemi ci sono e anche gli interlocutori Iraniani, sia musulmani sia cristiani.
La delegazione condotta da monsignor Pierre Bürcher corrisponde al Gruppo di lavoro "Islam" della Conferenza episcopale svizzera (10 esperti: preti, religiosi e laici) arricchito durante tutto il soggiorno in Iran di rappresentanti della Chiesa locale un punto essenziale per un dialogo fruttuoso e coerente. Mario Galgano, portavoce dei vescovi svizzeri, ha fatto un bilancio positivo di questa visita di una settimana, notando però che se "i cristiani in Iran sono contenti di vivere in un Paese dove possono praticare la loro fede, vale a dire celebrare la Santa Messa, pregare ed avere delle chiese", ci sono problemi: "non possono andare al di là, non possono esprimere la fede fuori della loro comunità non hanno il diritto alla libertà religiosa".
Ieri davanti alla stampa internazionale, il presidente Ahmadinejad, tra altri argomenti, presentava l'Iran come uno dei rari Paesi nei quali "le minoranze religiosi godono di diritti uguali". Di fatto, l'islam è la religione ufficiale dello Stato e un numero limitato di confessioni (cristiani, ebrei, zoroastriani) sono autorizzate, con diritti ridotti. Altre religioni sono illegali.
Indipendentemente da queste affermazioni politiche del presidente iraniano, e contemporaneamente, nel comunicato finale la delegazione insisteva sul fatto che la libertà di religione non si limita alla libertà di culto e che questo diritto "include la libertà di avere o di adottare una religione o un credo di propria scelta, nonché la libertà di manifestare, individualmente o in comune con altri, e sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo nel culto e nell'osservanza dei riti, nelle pratiche e nell'insegnamento" (Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, art. 18,1). L'applicazione concreta di queste norme, che fanno parte di obbligazioni internazionali sottoscritte anche dall'Iran, è il vero problema e queste norme legali saranno una delle basi per il dialogo futuro.
Da un punto di vista personale, rilevava monsignor Bürcher, si parla sempre di donne e uomini nutriti dalla fede e dalla preghiera, uguali nella loro relazione con Dio. Per questa ragione si parla spesso di reciprocità nel dialogo islamo-cristiano. Ci sono però grandi differenze nella situazione legale e sociale di questi credenti minoritari, nei diversi Paesi. Vale anche ricordare che non esiste una marcata simmetria tra la situazione in Iran delle comunità minoritarie presenti da secoli e la presenza recente, in Europa, di immigrati musulmani (in Svizzera, 4,3 % della popolazione).
La conversione/l'apostasia, i rapporti tra Stato e religioni, i diritti umani (donne, libertà d'espressione) gli altri argomenti pure affrontati in un simposio e in occasione d'incontri con l'ex presidente Khatami e con l'ayatollah Araqi, capo dell'«Islamic Culture and Relations Organization» (ICRO) che era stato in Svizzera nel settembre 2005 con una delegazione. Visite a santuari e a biblioteche a Qom e a Isfahan facevano pure parte del programma.
Importanti per la delegazione svizzera sono stati anche i numerosi incontri con le minoranze religiose (cristiani di vari riti e confessioni, ebrei, zoroastriani) oltre a preghiere e celebrazioni comuni con i cattolici di rito latino o assiro-caldeo. L'ospitalità tradizionale in Iran ha contribuito al successo di questa visita che ha avuto un'eco positiva tra i partecipanti svizzeri.
I rendiconti degli incontri in Iran saranno pubblicati in un libro bilingue.
Ufficialmente il governo iraniano sostiene che i cristiani del Paese sono 79mila in tutto. In realtà, i soli armeni sarebbero almeno 200mila. Le altre confessioni cristiane raccoglierebbero tra i 20 ed i 50mila fedeli.