Lettera del Papa: per la verità e l’amore della Chiesa e della Cina
Roma (AsiaNews) - Con la Lettera ai cattolici cinesi pubblicata oggi, Benedetto XVI lancia nel Terzo millennio la Chiesa e la società in Cina. Mettendo insieme “verità e amore” il papa traccia con precisione i problemi dei cristiani e dello Stato cinese e spinge verso una soluzione per garantire un futuro fruttuoso per la Cina e il mondo.
Solo un capo della Chiesa cattolica, avrebbe potuto scrivere una Lettera simile, con una apertura a tutto campo su ogni aspetto della vita della Chiesa e della società in Cina, una simpatia e comprensione perfino per le autorità politiche, insieme a una profonda nettezza su ciò che è necessario e indispensabile alla Chiesa, rivendicando un’indipendenza delle realtà spirituali nei confronti del potere e chiedendo a vescovi, preti e fedeli cinesi di conservare e tramandare il tesoro della fede cattolica alle nuove generazioni.
Con attenta e cordiale partecipazione, Benedetto XVI abbraccia il “pianto” e lo “sconcerto” dei cristiani “per il silenzio di Dio di fronte alle persecuzioni”, esaltando la fedeltà di tanti “testimoni della fede”, considerati “la speranza della Chiesa per l’avvenire!”. Allo stesso tempo egli guarda con misericordia perfino i vescovi illegittimi e i sacerdoti in situazioni ambigue, rivolgendo a tutti l’invito a vivere l’unità esplicita con il pontefice, il perdono reciproco, la collaborazione pastorale per la missione e il bene della società cinese.
Dentro questa apertura amorevole a tutto campo, in nome della fede cattolica, egli rivendica la libertà per la Santa Sede di nominare i vescovi; consiglia ai vescovi “clandestini”, di tentare di farsi riconoscere dal governo; chiede a quelli ufficiali di vincere la paura, rendendo pubblico il loro legame col papa; spingendo alla riconciliazione dei vescovi fra loro, e con i fedeli. E soprattutto spinge tutta la Chiesa cinese a non rimanere ripiegata e bloccata dalla persecuzione, ma a lanciarsi nell’evangelizzazione della società cinese, dell’Asia e del mondo intero, dotandosi di tutti gli strumenti necessari – conferenza episcopale, consigli pastorali, curie – quasi a dire che è finita l’epoca dell’emergenza e che è tempo per la Chiesa di Cina di essere parte integrante e attiva nella comunione universale.
Allo stesso modo Benedetto XVI parla con “particolare interesse”, “vivo apprezzamento” per il Popolo cinese e la sua cultura e i suoi traguardi economico-sociali. Con profondo “rispetto” verso le autorità politiche, egli le tranquillizza sulla missione della Chiesa che non è “cambiare la struttura o l’amministrazione dello Stato” (n. 4) e si mostra desideroso e aperto per una normalizzazione dei rapporti diplomatici. Ma con altrettanta precisione e nettezza, egli rivendica uno spazio per la Chiesa nella società cinese “per il bene dei cattolici” e “di tutti gli abitanti del Paese”, per “risvegliare le forze spirituali” e far prosperare la giustizia. Per questo il papa chiede che non vi siano interferenze indebite “in materia e disciplina della Chiesa” e che lo Stato garantisca “un’autentica libertà religiosa”. In fondo il papa chiede che la Cina divenga un vero Stato moderno, sottomettendosi alle Convenzioni Onu che essa ha sottoscritto.
Proprio per difendere questi “principi irrinunciabili” della distinzione fra Chiesa e Stato, e per salvaguardare la dottrina cattolica, Benedetto XVI dichiara inaccettabile l’Associazione Patriottica, che con i suoi tentativi di “indipendenza”, “autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa” rischi di snaturare la vita stessa della comunione cattolica.
Anche la nomina dei vescovi da parte del papa è considerato un elemento essenziale della dottrina cattolica e della libertà religiosa. Con l’apertura che lo contraddistingue, Benedetto XVI ammette che si possa comunque trovare “un accordo” sulle modalità, dato che il riconoscimento dei vescovi ha anche “effetti civili” (n. 9).
È dunque una rivendicazione spirituale e non di tipo politico quella che spinge Benedetto XVI a condannare l’operato dell’Ap e a esigere la libertà nelle nomine. Da questo punto di vista nella Lettera non si cita nemmeno la questione di Taiwan, spesso gridata come “importante” dai settori più stalinisti del Partito e dell’Ap.
La lettera rimane un messaggio nettamente spirituale, ma proprio per questo scuoterà la Cina molto di più di qualunque bega politica.
Come prova di questo carattere spirituale, il papa lancia una Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, il 24 maggio di ogni anno, festa di Maria Ausiliatrice e festa del santuario nazionale mariano di Sheshan (Shanghai). In essa si pregherà per i cattolici e la loro unità col papa, ma anche per i persecutori, nell’attesa di vedere “il mattino della Risurrezione” per la Chiesa e per la società cinese.
Per il testo completo della Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai vescovi, ai presbiteri alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese clicca qui.