Leader religiosi thai invitano alla "calma nella tempesta" delle proteste
Cattolici, buddisti e musulmani "non devono usare la politica per risolvere le controversie personali" ma "devono fare il massimo per la propria religione, per la nazione e per il re". Intanto la crisi politica nel Paese peggiora sempre più.
Bangkok (Asianews) I leader delle tre religioni di maggioranza in Thailandia cattolici, buddisti e musulmani - si sono incontrati ieri, 21 marzo, a Bangkok per "decidere una posizione comune durante il periodo di crisi politica in cui giace la nazione" e per "fornire ai propri fedeli dei suggerimenti che si accordino con il credo religioso".
Il cardinale Michai Kitbunchu, arcivescovo della capitale e presidente della Conferenza episcopale thailandese, ha ricordato ai cattolici che "ognuno ha il compito di fare il possibile per la propria nazione, per la propria religione e per il re".
"Siamo preoccupati e scontenti ha detto - della situazione in cui viviamo, ma nella veste di capo della Chiesa thailandese, voglio spronare i cattolici a cercare la piena comprensione di quell'atto d'amore di cui parla S. Paolo nella lettera ai Corinzi": "L'amore è sempre dolce e paziente, mai geloso, mai presuntuoso o vanitoso, mai rude. L'amore non cerca mai il suo vantaggio, ma trova la gioia nella verità".
"Il perdono e la pazienza ha concluso il porporato sono gli insegnamenti fondamentali con i quali si potrà portare la pace e la felicità all'interno della nostra società. Bisogna cercare di rimanere calmi, anche nella tempesta".
Phra Rajjavijitrapatipan, assistente dell'abate buddista del tempio Sutat-thepwararam, ha invece sottolineato come si deve vivere nei momenti di crisi. "Non serve essere spaventati, ma è utile lavorare sodo ed osservare i precetti religiosi. Bisogna sempre vedere nel nostro re una guida e cercare di non discutere di politica per risolvere le controversie personali".
Rajjavijitrapatipan ha poi ricordato che "ai monaci buddisti non è permesso interferire nelle questioni politiche", delegittimando la protesta politica portata avanti nella capitale da un gruppo di monaci chiamati Dharma Army.
I cattolici thailandesi sono circa 300 mila. Su 64 milioni di abitanti, i buddisti rappresentano il 94 % mentre i musulmani, che vivono per la maggior parte nel sud del Paese, si fermano al 4 %.
Nel frattempo, peggiora la crisi nel Paese . L'Alleanza democratica per il popolo, principale movimento di opposizione, marcia in tutta la capitale oramai da una settimana e chiede agli uomini d'affari di unirsi alla richiesta di dimissioni del primo ministro Thaksin Shinewatra. La protesta è arrivata sotto le finestre dell'ambasciata di Singapore, dove i dimostranti hanno chiesto l'immediata revoca del contratto che lega la famiglia del premier alla Temasex, multinazionale delle comunicazioni dell'isola, pena il boicottaggio di tutti i prodotti singaporesi. Proprio questo contratto multimilionario - secondo l'opposizione ottenuto dal premier usando il peso politico e le risorse pubbliche - ha fatto scattare la protesta.
Da parte sua, il primo ministro può contare ancora sull'appoggio incondizionato delle campagne: un gruppo di contadini della parte nord del Paese si è riunito al mercato Jatuchak di Chiengrai ed ha chiesto il rinnovo del mandato a Shinewatra. Un uomo si è tagliato un dito e con il sangue ha scritto: "Se il premier se ne va, mi uccido".
Le dimissioni che il premier "aveva considerato per il bene della nazione" sono state ritirate. Il politico ha infatti dichiarato: "Non mi dimetto, perché ho sempre giocato secondo le regole. Lasciate che sia il risultato delle elezioni a decidere il futuro della Thailandia".