Leader delle milizie etniche Shan detenuto in Cina, Pechino: 'Qui per cure mediche'
Pneg Deren si era recato nello Yunnan per colloqui con i funzionari cinesi, riferiscono i media locali, ma è poi stato trattenuto. Nonostante le pressioni di Pechino, la sua milizia, il MNDAA, mantiene il controllo della città di Lashio, nello Stato Shan. Nel frattempo i bombardamenti nella regione dell'aviazione birmana hanno ucciso almeno 12 persone, di cui otto bambini. Colpita anche una chiesa battista.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Peng Deren, 59 anni, comandante di una delle tre milizie etniche che da circa un anno assediano l’esercito golpista birmano nello Stato Shan, è da un mese detenuto dalle autorità cinesi, ha riferito nei giorni scorsi il quotidiano locale Myanmar Now, citando fonti birmane e dalla provincia cinese dello Yunnan.
Pechino ha risposto alle accuse dicendo che il capo militare aveva “precedentemente fatto domanda per venire in Cina per cure mediche e attualmente è in cura e in convalescenza”, ha dichiarato oggi il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian.
Peng Deren (conosciuto anche come Peng Daxun) è il capo dell’Esercito dell’alleanza nazionale democratica del Myanmar (MNDAA), un’importante milizia etnica che combatte contro l’esercito birmano responsabile del colpo civile che nel 2021 ha dato avvio al conflitto civile. Insieme all’Esercito Arakan (AA) e all’Esercito di liberazione nazionale Ta’ang (TNLA), ottobre dell’anno scorso il MNDAA aveva lanciato un’offensiva per riconquistare i territori settentrionali al confine con la Cina.
Secondo quanto riferisce Myanmar Now, Peng Deren era stato convocato nello Yunnan per un incontro con un inviato cinese il 26 ottobre ed è stato poi detenuto dalle autorità, anche se ha possibilità di contattare telefonicamente i propri comandanti. Una fonte di Radio Free Asia ha successivamente confermato che il governo cinese sta trattenendo Peng per cercare di costringere le forze del MNDAA a lasciare la città di Lashio, riconquistata ad agosto dalle forze della resistenza. Lashio si trova nella regione del Kokang, dove la popolazione è etnicamente cinese, ma ospitava anche una base del comando nord-orientale dell’esercito birmano.
La Cina sostiene militarmente la giunta golpista ma ha frequenti contatti anche con le milizie. A gennaio Pechino aveva cercato di mediare un cessate il fuoco che però non è durato, creando difficoltà agli investimenti cinesi e ai progetti infrastrutturali che fanno parte della Belt and Road Initiatives. La maggior parte di questi progetti si trovano in zone attive di conflitto e stanno subendo rallentamenti. Le milizie etniche che hanno ripreso possesso dei territori, inoltre, agiscono in maniera indipendente tra di loro e gestiscono le aree sotto il loro controllo con amministrazioni di diverso tipo, scontrandosi spesso anche con la popolazione locale.
Dopo la caduta di Lashio, la Cina ha esercitato pressioni crescenti sul MNDAA e il suo alleato, il TNLA, che operano nello Shan, affinché mettano fine ai combattimenti e avviino i colloqui con la giunta militare senza coinvolgere il Governo di unità nazionale (NUG) composto da legislatori del precedente governo in esilio, e che secondo Pechino opera sotto influenza statunitense. Il MNDAA a settembre aveva dichiarato di mantenere le distanze dal NUG, ma non sembra deciso ad abbandonare Lashio, nonostante la Cina nei mesi scorsi abbia messo fine alla fornitura di acqua ed elettricità nella regione del Kokang.
Negli ultimi mesi la Cina ha intensificato anche l’attività diplomatica con il regime birmano, proponendo la creazione di una “società di sicurezza congiunta” con le truppe dell’esercito birmano per difendere gli interessi strategici cinesi. Secondo quanto riferito nei giorni scorsi dal sito The Irrawaddy, questa compagnia si dovrebbe occupare dell'importazione di armi e attrezzature speciali, ma non è chiaro se e quando il progetto verrà portato a termine.
Nel frattempo gli attacchi aerei dell’aviazione birmana nello Shan e nel vicino Stato Kachin hanno ucciso 12 civili, tra cui otto bambini. Nel villaggio di Kone Law una chiesa della Kachin Baptist Convention in cui si erano rifugiate decine di persone è stata presa d’assalto dalle truppe dell’esercito, secondo la milizia locale, l’Esercito per l’indipendenza del Kachin (KIA). Almeno sette bambini sono stati uccisi e altri 11 sfollati sono rimasti feriti.
Anche il KIA ha riconquistato ampie fette di territorio e la Cina ha chiuso tutti i valichi di frontiera commerciali a fine ottobre, mettendo fine anche all’esportazione di terre rare dal Kachin, ora sotto il controllo della milizia locale. Solo la città di Kanpiketi, dove si trova un altro posto di blocco che porta in Cina, rimane in mano alle truppe della giunta militare.