Leader curdo: I kamikaze, sono integralisti islamici venuti dall'estero
Intervista esclusiva a S. Barazani, (PDK) sugli attentati di Erbil e le conseguenze per i cristiani e i musulmani del paese
Termina oggi, il terzo giorno di lutto per l'attentato terroristico del 1 febbraio ad Erbil, nell'Iraq settentrionale. Il numero delle vittime è salito a 109; fra essi vi sono anche molti cristiani. Il vescovo cattolico caldeo di Erbil, Mons. Sher Ya'akob, è sopravvissuto per miracolo all'attentato: pur avendo partecipato agli scambi di auguri per la festa islamica di Al-Adha, si era allontanato qualche minuto prima dal luogo della carneficina. Stessa fortuna è toccata al Tenente-Colonnello Harry J. Schute, del battaglione statunitense di Erbil; anche lui aveva lasciato i luoghi qualche minuto prima. Il Kurdistan iracheno, unica oasi di pace da oltre un decennio, è sotto shock. L'incredulità, il dolore e le minacce esterne hanno, rafforzano l'unità fra tutti i componenti del mosaico etnico-religioso, ed i due principali partiti Curdi, il PDK di Massoud Barazani ed il PKU di Jalal Talabani, hanno dichiarato ieri, di voler riunificare i loro sforzi - dopo lunghi anni di rivalità politiche - per raggiungere lo scopo di creare uno stato federale in Iraq. AsiaNews ha intervistato il nipote di Massoud Barazani, Sivan Barazani, rappresentante a Parigi del Partito Democratico del Kurdistan. Secondo Barazani i responsabili degli attacchi suicidi sono "estremisti islamici" venuti dall'estero. Questa mattina la polizia curda ha arrestato un integralista yemenita, sospettato di aver partecipato agli attacchi terroristi. Intanto, il gruppo Ansar-al-Sunna, legato ad Al Qaeda, ha rivendicato gli attentati. Sul loro sito web si legge: "Due nostri fratelli martiri hanno attaccato le due tane di Satana ad Erbil La nostra gioia per Eid-al-Adha (la festa del Sacrificio di Abramo ndr) è stata accresciuta per questi attacchi contro gli agenti degli ebrei e dei cristiani".
Lei è in contatto continuo con Erbil, come sono stati questi tre giorni di lutto?
E' stato un lutto generale, non c'era più alcuna festa da celebrare. Alla cerimonia in onore delle vittime, tenutasi martedì 3 febbraio, hanno partecipato migliaia di persone: tutta la popolazione era presente con evidenti segni di lutto. Gli uffici dei nostri partiti politici sono stati invasi da lettere elettroniche, fax e telefonate di persone che esprimevano condoglianze, dolore, rammarico e rabbia. E' un grande shock, la popolazione ora è molto vigile e si è generalizzata in loro la volontà di sradicare il terrorismo. Questa tragedia ha unito ancora di più la popolazione locale. Come ben sapete la popolazione è composta da musulmani, da cattolici, da ortodossi, da Yasiditi (zoroastriani ndr), tutti quanti noi partecipiamo gli uni alla festa degli altri. Il popolo del Kurdistan è unito, qui non vi sono problemi o discriminazioni religiose. Questo spiega il motivo perché fra le vittime ci sono anche dei cristiani recatisi alle due sedi dei partiti curdi per lo scambio di auguri in occasione della festa musulmana di Al-Adha. Da secoli qui, in questa regione cristiani e musulmani partecipano insieme alle feste. Quel giorno, erano presenti il vescovo (Mons.Ya'akob), i sacerdoti e molte persone della comunità cristiana. Questa tragedia ha unificato il popolo e ha pure accelerato il ravvicinamento fra i due partiti politici curdi il PDK ed il PKU.
Ieri i due partiti, del PDK e del PKU, hanno pubblicato dei comunicati che dicono di unire le forze nella battaglia comune per un Iraq federale. Quanto ha inciso questo attentato nell'unione degli intenti?
Dal 1997 che non vi sono più problemi sostanziali fra i due partiti. I due partiti politici sono presenti da anni nel Parlamento (del Kurdistan iracheno - ndr). Ma, va sottolineato che questo attentato ha avuto un impatto sentimentale e simbolico molto forte ed di certo permetterà a questi due partiti di avvicinarsi maggiormente per affrontare l'avvenire, soprattutto per quanto riguarda il federalismo e la redazione della nuova costituzione irachena. Tutti i paesi della Regione sono uniti contro i curdi. É una questione di sopravivenza, i curdi devono unificarsi per affrontare le minacce esterne e abbiamo bisogno del sostegno dei paesi democratici del mondo, per garantire i nostri diritti e avere un Iraq democratico e stabile.
A chi giova questo attentato in Kurdistan iracheno, l'unica oasi di pace in Iraq, da decenni?
Il Kurdistan è l'unica zona irachena non sottomessa ad alcuna occupazione militare diretta. nella Regione; non ci sono nemmeno delle truppe americane. Ci sono organismi, responsabili politici che hanno interesse nel vedere un Kurdistan destabilizzato e che ci siano molti morti, soprattutto fra i politici. Una delle personalità più importanti del Kurdistan, Sami Abdel Rahman, che si occupava della redazione della nuova costituzione irachena ( lo stesso aveva anni fa redatto la costituzione del Kurdistan iracheno - ndr), è stato assassinato nel corso di questi attentati. Queste forze esterne non vogliono che l'Iraq ritrovi la stabilità. Il Kurdistan è stabile e potrà aiutare il resto del paese a ritrovare la stabilità, è questo che infastidisce soprattutto.
I dirigenti curdi vedono dietro a questi attentati la mano di gruppi legati ad Al Qaeda. Lei che ne pensa?
Sappiamo, per certo, che dietro gli attentati sanguinosi di tre mesi, vi sono paesi arabi della Regione. I terroristi erano dei giovani manipolati da queste forze esterne. Non sappiamo con precisione che ci sta dietro, ma si tratta sicuramente di organizzazioni potenti, forse da paesi vicini Sono sicuramente degli integralisti islamici, ma ignoriamo coloro che li sostengono. Quello che è certo che i Kamikaze, intendo coloro che si immolano, si suicidano sono degli integralisti islamici. E forze esterne nella regione li aiutano a perpetrare questi ignobili attentati.
Lei crede che il progetto di federalismo può riuscire? Non c'è troppa opposizione da parte degli sciiti e della Turchia?
La Turchia non può intervenire negli affari interni dell'Iraq. Siamo due paesi sovrani ed indipendenti. Per quanto riguarda gli sciiti, non credo che ci siano degli iracheni contrari a che il paese venga riunificato. L'Iraq è diviso in due parti da 13 anni e non penso esista un solo iracheno che voglia il paese diviso.