27/11/2008, 00.00
CINA
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Leader cinesi nel panico per la crisi e la disoccupazione

Previsto un rapido aumento della disoccupazione, per il fallimento o la minor produzione di molte ditte. A rischio il lavoro di 120 milioni di migranti, ma anche di 6 milioni di neolaureati o diplomati. Aumentano le proteste sociali di lavoratori cacciati senza nemmeno una giusta liquidazione.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – “L’economia cinese affronta una crescente pressione interna”, e “la crisi finanziaria globale non è ancora al culmine”. Zhang Ping, presidente della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, massimo organo di politica economica del Paese, oggi in una conferenza stampa denuncia che la crisi nel Paese si è molto aggravata a novembre e prevede che nel 2009 “il fallimento di molte ditte e la minore produzione causeranno diffusa disoccupazione e favoriranno proteste sociali”.

E’ una realtà già in atto e continuano a scoppiare proteste di operai cacciati via con liquidazioni minime o senza essere pagati. La notte del 25 novembre a Dongguan circa 500 lavoratori licenziati dalla fabbrica di giocattoli Kader Holdings (una delle più antiche della zona) hanno spaccato finestre e mobili degli uffici e si sono scontrati con la polizia (nella foto) in protesta contro la “iniqua liquidazione” ricevuta.

La crisi colpisce anzitutto i 120 milioni di lavoratori migranti concentrati nelle grandi città, sul cui sacrificio la Cina ha costruito il boom economico e che ora sono i primi a essere cacciati. Di 8,6 milioni di persone che abitano e lavorano a Shenzhen, meno del 25% sono “residenti permanenti”. L’economista Andie Xie prevede che “circa il 20% dei migranti può perdere il lavoro”.

Intanto ci sono oltre 6 milioni di diplomati e laureati in cerca di lavoro, pure colpiti dalla crisi.

Per stimolare la produzione, la Banca centrale ha tagliato i tassi di interesse di 1,08 punti, il maggior taglio dalla crisi finanziaria asiatica del 1997.

Misura improvvisa che lascia perplessi parecchi esperti. Stephen Green osserva che “la politica dei tassi è un fattore marginale in questa situazione. Gli imprenditori si preoccupano di come recuperare le somme investite e gli immobiliaristi considerano i possibili prezzi delle case”.

Erwin Sanft, esperto economico, ha detto a Bloomberg che “Pechino è quasi al panico, nella ricerca di una via per attutire il rallentamento economico”.

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