17/02/2021, 08.55
RUSSIA
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Le trattative per la pace in Siria. Le mire di Putin verso Iran e Libia

di Vladimir Rozanskij

Da ieri si svolge a Soči il 15mo appuntamento per gli “accordi di Astana”. Presenti, oltre a rappresentanti di Damasco e opposizione, anche personalità da Russia, Turchia, Kazakistan, Iran, Iraq e Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati. Assenti rappresentanti Usa. Esercitazioni navali con l’Iran. L’appoggio al governo della Cirenaica.

Mosca (AsiaNews) - Nella città di Soči sul Mar Nero, si è aperta ieri l’ennesima trattativa per la pacificazione della Siria, la 15esima secondo gli “accordi di Astana”. Ad essa prendono parte Russia, Turchia, Kazakistan, Iran, Iraq e l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati. Come rappresentante del Segretario dell’Onu è giunto a Soči anche il diplomatico norvegese Geir Otto Pedersen; in qualità di osservatori, sono presenti delegazioni dal Libano e dalla Giordania, oltre ai membri della Croce Rossa Internazionale.

Sotto la presidenza del delegato russo per la Siria, Aleksandr Lavrentev (foto 1), si cercherà di far dialogare i rappresentanti siriani del governo e i leader delle forze di opposizione. Alla vigilia, Lavrentev ha spiegato ai giornalisti l’importanza dell’incontro: proprio 10 anni fa, il 17 febbraio 2011, si tennero in Siria “le prime manifestazioni pacifiche, con le richieste di riforme sociali”, dopo le quali ebbe inizio la guerra civile. Lavrentev ha aggiunto che alle trattative sono stati invitati anche gli americani, ma negli Usa “attualmente hanno altro da fare”, ciò che provoca un notevole disagio a causa delle sanzioni americane pendenti sulla dirigenza attuale della Siria. “Non possiamo permettere una punizione collettiva del popolo siriano”, ha dichiarato il diplomatico russo.

La grande questione su cui trovare una soluzione, è anche la lotta al terrorismo. Lavrentev ha fatto notare che negli ultimi tempi “si osserva un nuovo attivismo delle cellule dormienti” dell’Isis, che hanno portato anche a nuovi scontri armati. Rimane in sospeso anche la situazione a Idlib, l’ultimo avamposto fuori del controllo di Damasco, in cui sono ammassati oltre due milioni di profughi (foto 2). Si attende per questo la collaborazione delle forze di opposizione, per liberare Idlib dai guerriglieri dell’Isis.

Siria, ma anche Iran e Libia

La Russia è entrata nello scenario siriano nel 2015, prendendo le parti del regime di Assad. Nel 2017 il quartier generale russo ha dichiarato la vittoria sulle armate dei terroristi, anche se gli scontri in effetti non sono mai terminati. In 10 anni di guerra si contano in Siria oltre mezzo milione di morti; quasi 7 milioni di profughi si trovano attualmente in vari Paesi del mondo.

A molti osservatori appare evidente che in questa fase piuttosto confusa della geopolitica, la Russia cerchi di puntellare le proprie posizioni. E ciò anche per compensare l’instabilità diffusa nei territori ex-sovietici, oltre alle insoddisfazioni all’interno del Paese, soprattutto dopo il ritorno e l’arresto di Aleksej Naval’nyj.

Non a caso, proprio mentre sono in corso le trattative di pace a Soči, i russi hanno inviato una serie di navi da guerra dalla flotta del Baltico nel Golfo di Oman, nella parte nord-occidentale dell’Oceano Indiano, per organizzare manovre “di addestramento” congiunte tra Russia e Iran (foto 3). Il risultato delle manovre congiunte è finalizzato a elevare l’Iran al livello delle maggiori potenze navali, difendendo così anche gli interessi dei russi.

Anche in Libia, del resto, la Russia ha lavorato per rafforzare le proprie posizioni, nella spartizione del Paese tra la Cirenaica filo-russa e la Tripolitania filo-turca (foto 4). Oltre alle attrezzature militari, l’operazione più spettacolare è il muro di divisione tracciato nel deserto tra le due parti del Paese, già ribattezzato da molti osservatori il “Vallo di Vladimir”, che richiama lo stile imperiale del presidente russo, con fortezze di osservazione simili ai bastioni del Cremlino moscovita.

Le critiche a Putin da varie parti all’interno della Russia, e rilanciate in modo clamoroso dalle inchieste di Naval’nyj, riguardano anche lo spreco di denari nel finanziamento di tutte queste “imprese” sullo scacchiere internazionale. Mentre cerca di mettere definitivamente fuori gioco lo stesso Naval’nyj, atteso da una nuova serie di processi e probabili condanne, e di tenere sotto controllo le proteste di piazza (operazione più facile coi -20 gradi invernali di queste settimane), Putin vuole dunque puntellare i suoi “domini” per gli anni futuri.

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