Le spose bruciate: un altro capitolo dell’umiliazione della donna in India
Mumbai (AsiaNews) – Solo poche settimane fa la nazione ha esultato perché per la prima volta una donna è divenuta presidente del Parlamento. Il Paese però si deve confrontare con un fenomeno in crescita: quello delle spose bruciate. Nei giorni scorsi, la Corte Suprema ha dato sfogo a un pronunciamento pieno di forte irritazione per questo fenomeno.
Il caso in questione riguarda una donna che è stata bruciata dal suo marito perché lo accusava di avere una relazione illecita. L’accusato, condannato a vita, ha chiesto una revisione del processo. Per tutta risposta, il tribunale d’appello comprendente i due magistrati Markandey Katju e Deepak Verma, alterati dalla richiesta, hanno affermato che persone simili [il marito] non meritano nessuna clemenza, anzi, meriterebbero la pena di morte.
La severa reazione è dovuta all’aumento dei crimini di violenza domestica contro le donne. L’ufficio statistico, National Crime Records Bureau, afferma che per lo scorso anno vi sono stati 75.930 casi di torture e violenze domestiche. In genere si pensa che più di 5.000 spose sono bruciate ogni anno. Ma le statistiche precisano che vi è un incremento costante: 6.787 nell’anno 2005; 7.618 nel 2006 e 8.093 nel 2007.
Il caso affrontato dalla Corte suprema è legato alla morte della signora Rajni che, prima di morire ha accusato suo marito, Mahender Gulati, il fratello maggiore di lui, Prem Kumar, e la moglie di questo, Vimla, di averle versato addosso kerosene e dato fuoco il 9 dicembre 2003. La Rajni aveva accusato il marito di aver avuto una relazione illecita con Vimla. Il movente del crimine sembra essere proprio questa sua protesta contro la relazione.
La Corte Suprema è dell’idea che le violenze domestiche devono essere trattate con severità e il giudice Katju è noto per queste idee radicali in casi simili.
Va detto che casi simili non succedono solo nei villaggi o negli slum: questo problema è quanto mai presente anche nella classe media delle città. Anche nelle città, ad esempio, è viva la vecchia usanza di chiedere la dote dalla famiglia della sposa. Le famiglie che non riescono a provvedere subito tutta la dote, finiscono per fare promesse che poi non possono mantenere. Se le promesse non sono mantenute, la famiglia di lui comincia a fare pressioni sulla moglie. Se alla fine essi si sentono imbrogliati (perché non hanno ricevuto il completo pagamento della dote), allora si arriva ad eliminare la moglie simulando incidenti di cucina o suicidi.
Governi ed organizzazioni private hanno promosso campagne di sensibilizzazione per scoraggiare e proibire per legge il sistema della dote, ma un sistema così antico, appoggiato dalla tradizione e dalla cupidigia è ben difficile da fermare. Anche in mezzo a comunità cristiane tradizionali, come in Kerala, dare e richiedere la dote è considerato un onore ed un dovere.