16/02/2011, 00.00
CINA
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Le persecuzioni quotidiane della polizia cinese contro i democratici

Pestaggi, minacce, arresti domiciliari illegali: le autorità cercano di ridurre al silenzio attivisti per i diritti e democratici. Un gruppo per i diritti umani ricorda vari abusi. Sassi contro i giornalisti che vanno a visitare l’attivista cieco Chen Guangcheng.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le forze di sicurezza cinesi hanno aggredito e preso a sassate alcuni giornalisti stranieri che si recavano a casa dell’attivista per i diritti umani Chen Guangcheng, agli arresti domiciliari a Dongshigu (Shandong). Il gruppo Chinese Human Rights Defenders (Chrd) denuncia che Pechino cerca di costringere al silenzio i dissidenti, tramite pestaggi e arresti illegali.

I giornalisti aggrediti dalle forze di sicurezza e costretti a tornare indietro, lavorano per la Cnn, il New York Times, Le Monde, Le Nouvel Observatour e Radio France International.

Chen, non vedente, è un noto attivista che lotta per i diritti civili. La settimana scorsa egli, tornato a casa dopo una lunga detenzione per accuse pretestuose, è stato pestato nella sua abitazione, insieme alla moglie Yuan Weijing, da poliziotti cinesi, per “punizione” per avere diffuso un video nel quale l’attivista dichiara di essere ancora in un illegale stato di arresto, pur avendo scontato la pena di quattro anni. Lui e sua moglie non possono uscire di casa, il telefono è tagliato, gli amici allontanati.

Chrd denuncia che “il governo cinese con certezza non ha nessuna ragione legale per detenere a casa Chen Guangcheng e la sua famiglia”. Il gruppo ricorda altri casi di arresti domiciliar illegali contro attivisti e loro parenti stretti e chiede al governo di cessare questi abusi. A partire da Liu Xia, moglie del premio Nobel 2010 per la pace Liu Xiaobo, detenuta a casa dall’ottobre 2010. Identico destino per Zeng Jinyan, moglie dell’attività incarcerato Hu Jia, da anni sottoposta a minacce e detenzione illegale, persino insieme alla piccola figlia (nella foto).

La moglie e i figli del difensore dei diritti Gao Zhisheng (“scomparso” da anni) e quelli dell’attivista in carcere Guo Feixiong nel 2009 sono fuggiti negli Stati Uniti, in modo avventuroso, per sottrarsi alla ininterrotta persecuzione della polizia.

Il 1° luglio 2010 la polizia ha perquisito la casa di Li Jinfang e Li Zhuyang, ex moglie e figlia dell’attivista Qin Yongmin. Le donne sono state interrogate per ore, minacciate di arresto per gravi reati, sono stati sequestrati documenti e  computer, “congelato” il conto bancario. Li Zhuyang è stata minacciata di espulsione dall’università, per le attività dei genitori.

Dopo il rilascio dal carcere dell’attivista Hada della Mongolia Interna, nel dicembre 2010, egli è scomparso con la moglie Xinna e il figlio Uiles, pare siano costretti dalla polizia in un “lussuoso” albergo in località ignota. In precedenza la polizia aveva più volte interrogato e minacciato moglie e figlio.

L’attivista Duan Huimin è morto nel gennaio 2007, subito dopo il rilascio dalla prigione. La sorella Duan Chunfang ha denunciato le torture subite e chiesto indagini: da allora è stata minacciata dalla polizia, arrestata e condannata al carcere per “ostruzione in questioni ufficiali”.

L’attivista cristiano Fan Yafeng è stato pestato e messo senza processo agli arresti domiciliari dallo scorso dicembre, come pure sua moglie Wu Lingling.

Oggi Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato Usa, ha sollecitato Pechino a cessare gli ingiusti arresti domiciliari di Chen e della sua famiglia.

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