Le nuove esecuzioni, un ritorno al passato
di Pino Cazzaniga
Il 23 aprile sono stati impiccati dopo 15 anni tre pluriomicidi. I decreti di morte firmati durante i fine settimana per evitare le critiche dell’opposizione. Il ritorno della pena capitale, forse un modo per svuotare le carceri.
Tokyo (AsiaNews) - Il 23 aprile, nelle prigioni di Tokyo Osaka e Fukuoka, sono stati giustiziati rispettivamente Masahiro Tanaka (42 anni), Kosaka Nada (56 anni) e Yoshikatsu Oda (59 anni) dopo che il ministro della giustizia, Jinen Nagase, ha firmato il mandato di esecuzione.
I tre giustiziati erano, complessivamente, rei di otto assassini, tutti per motivi di lucro. Particolarmente odioso è stato quello di Nada: ha ucciso la moglie di un collega e ne ha gettato il figlioletto di 4 anni in un fiume .
È la seconda serie di esecuzioni che Nagase autorizza da quando il primo ministro Shinzo Abe gli ha affidato il ministero, nel settembre dell’anno scorso. Nella precedente, avvenuta il 25 dicembre, sono stati impiccati quattro detenuti. Erano quindici mesi che non avvenivano esecuzioni. Il suo predecessore, Seiken Sugiura, devoto buddista, si è sempre rifiutato di firmarne il nulla obsta durante il periodo di 11 mesi del suo incarico.
L’annunzio delle esecuzioni ha immediatamente suscitato le proteste di parlamentari e di attivisti contrari alla pena di morte. Rende perplessi anche il fatto che il ministro ha firmato i decreti mentre erano in corso sessioni del parlamento, cosa che avviene molto raramente. Tuttavia in ambedue i casi lo ha fatto alla vigilia di lunghe vacanze, quelle per il capo d’anno in dicembre e quelle della “golden week”, un lungo ponte di riposo all’inizio di maggio. In questo modo ha scansato il fastidio di dover affrontare le critiche dei parlamentari dell’opposizione.
Ma pare ci sia un motivo politico di maggior peso. I mass media avevano reso noto che nelle prigioni giapponesi i detenuti che attendevano l’esecuzione avevano superato il numero di 100. Makoto Teranaka, segretario generale di Amnesty International Japan, ha detto ai giornalisti che “le tre impiccagioni sono state probabilmente eseguite per diminuire il numero dei detenuti che si trovano nel ‘braccio della morte’. Egli ha denunciato l’insufficienza di un giudizio prudente prima di firmare i decreti.
“Costruire un Giappone attraente” è la frase programmatica dell’attuale primo ministro Shinzo Abe. In questa prospettiva si è scelto i membri del Gabinetto. Lo zelante nuovo ministro della giustizia avrà pensato che ripulire le prigioni del Giappone da detenuti che ne macchiano particolarmente il volto fosse un atto virtuoso.
Ironicamente proprio nello stesso giorno dell’impiccagione a Roma un rappresentante del consiglio generale dell’Amnesty international ha reso noto che nell’anno 2006 le esecuzioni capitali su scala mondiale sono diminuite del 25%, da 2.148 esecuzioni nel 2.005 a 1.591 nel 2006. “Questo, ha aggiunto, aumenta le speranze che un giorno la pena capitale sia totalmente abolita”.
Il quotidiano The Japan Times sottolinea che l’Italia, sulla scia dell’esecuzione dell’ex presidente irakeno Saddam Hussein, ha iniziato una energica iniziativa diplomatica a livello mondiale per l’abolizione della pena capitale con il pieno sostegno dell’Unione Europea: in nessuna delle 27 nazioni che la compongono esiste la pena di morte.
Con la ripresa delle esecuzioni capitali il Giappone getta acqua gelida sul fuoco della speranza e cammina verso il passato. Se vuole assumere un ruolo di primo piano nella diplomazia a livello globale, come desidera, sarà bene che sappia leggere i segni dei tempi e adeguarvisi.
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