Le foto della repressione cinese in Tibet
Monaci ammanettati, con un cartello appeso al collo, vengono portati via dai loro monasteri. La loro colpa è quella di chiedere libertà religiosa per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama. Le immagini della vergogna e dell’odio.
Dharamsala (AsiaNews) – Monaci ammanettati, trascinati via con la forza da poliziotti in tenuta anti-sommossa. E poi i cartelli appesi al collo, con sopra scritto nome e “crimine”: sono questi i metodi che il governo comunista cinese utilizza per cercare di fiaccare lo spirito di coloro che resistono all’invasione culturale del Tibet da parte del regime di Pechino. Nelle immagini pubblicate da Boxun si vedono chiaramente i religiosi trattati come animali: una fonte li identifica come religiosi di Kirti, il monastero da cui sono partite tutte le manifestazioni anti-cinesi degli ultimi anni.
Le immagini si riferiscono a una “retata” contro i religiosi di Kirti: questi non cedono di un passo rispetto alle minacce cinesi, e continuano a opporre una seria resistenza alle imposizioni assurde che Pechino cerca di far passare come leggi. Nelle foto si vedono i monaci trascinati via: sui cartelli, retaggio dell’epoca maoista, ci sono i loro “crimini” come “separatista” o “indipendentista”.
Kanyag Tsering, religioso buddista che è fuggito da quella zona per rifugiarsi a Dharamsala, identifica i religiosi e il luogo della loro umiliazione pubblica: “Nella foto dove si vedono centinaia di agenti seduti per terra si riconosce il campo da basket di Ngaba, dove si trova il monastero di Kirti. Nell’immagine delle vetture, invece, si vede proprio la stupa [la “cupola” delle lamaserie buddiste ndr] del monastero in questione”.
Dallo scorso marzo, il monastero di Kirti e l’intera cittadina di Ngaba si trovano al centro di un’ondata di repressione durissima. Da qui, infatti, sono usciti i primi monaci che hanno scelto di auto-immolarsi per chiedere la libertà per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama nella sua casa spirituale. Il governo ha scelto la linea dura, e ha inviato nella zona centinaia di agenti in tenuta anti-sommossa: questi blindano ogni attività locale.
Le immagini si riferiscono a una “retata” contro i religiosi di Kirti: questi non cedono di un passo rispetto alle minacce cinesi, e continuano a opporre una seria resistenza alle imposizioni assurde che Pechino cerca di far passare come leggi. Nelle foto si vedono i monaci trascinati via: sui cartelli, retaggio dell’epoca maoista, ci sono i loro “crimini” come “separatista” o “indipendentista”.
Kanyag Tsering, religioso buddista che è fuggito da quella zona per rifugiarsi a Dharamsala, identifica i religiosi e il luogo della loro umiliazione pubblica: “Nella foto dove si vedono centinaia di agenti seduti per terra si riconosce il campo da basket di Ngaba, dove si trova il monastero di Kirti. Nell’immagine delle vetture, invece, si vede proprio la stupa [la “cupola” delle lamaserie buddiste ndr] del monastero in questione”.
Dallo scorso marzo, il monastero di Kirti e l’intera cittadina di Ngaba si trovano al centro di un’ondata di repressione durissima. Da qui, infatti, sono usciti i primi monaci che hanno scelto di auto-immolarsi per chiedere la libertà per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama nella sua casa spirituale. Il governo ha scelto la linea dura, e ha inviato nella zona centinaia di agenti in tenuta anti-sommossa: questi blindano ogni attività locale.
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