Le elezioni in Israele: si teme un “forte vento di destra”
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) – Circa 5 milioni di israeliani sono chiamati domani alle elezioni nazionali, in cui 33 liste di candidati si sfidano per occupare i 120 posti della Knesset. Una forte transizione verso destra e la difficoltà a costruire una solida maggioranza sembrano essere le caratteristiche di queste votazioni.
Il favorito al posto di primo ministro sembra essere Binyamin Netanyahu, il leader del Likud, il partito di destra. Ma negli ultimi giorni i sondaggi di opinione hanno registrato il riemergere di Tzipi Livni, che guida il partito di centro, Kadima, attualmente il partito più numeroso al governo. Ma va anche registrata la crescita del partito Yisrael Beiteinu (“Israele casa nostra”), guidato da Avogdor Lieberman, che rivendica una politica molto dura verso gli arabi israeliani e verso l’Iran.
Le ultime proiezioni pubblicate dal quotidiano Haaretz predicono una vittoria della destra guidata dal Likud, che dovrebbe guadagnare 66 seggi alla Knesset. Al gruppo guidato dal Kadima (centro più piccoli partiti di sinistra) dovrebbero andare 54 seggi. Nelle previsioni, Kadima dovrebbe riuscire a conquistare almeno 25 seggi, mentre il Likud dovrebbe prenderne 27.
Rimane il fatto, come dicono i commentatori israeliani, “un vento di destra sta soffiando sulla nazione”. E anche se il Kadima dovesse vincere, non potrà farlo senza allearsi con altri partiti di destra.
L’elemento che ha determinato tale transizione è che in queste elezioni il tema più dibattuto è stata non la crisi economica, ma la sicurezza. A 6 settimane dall’operazione “Piombo fuso” per fermare i razzi di Hamas, è cresciuto in Israele il timore di una minaccia palestinese. Le posizioni del Likud e di Liebermann sembrano più rassicuranti. Netanyahu ha promesso che frenerà i negoziati per la creazione di uno Stato palestinese, non permetterà il ritiro di nessuna colonia, cercherà di distruggere Hamas e i finanziamenti iraniani al movimento integralista, offrendo solo una “pace economica” per migliorare le condizioni di vita dei palestinesi e l’autonomia per la gestione di alcune città palestinesi.
Da diversi anni il problema in Israele è che non c’è un partito che riesca a vincere una decisa maggioranza. Chiunque voglia governare deve formare una coalizione di governo. In tal modo i partiti più piccoli riescono a ricattare i partiti più grandi a favore dei loro interessi particolari e trasformando le direttive politiche.
Attualmente non si sa cosa farà il partito Labour, guidato da Ehud Barak. È possibile che entri nella coalizione di Netanyahu, insieme a partiti di destra e ultra-ortodossi. La Livni ha suggerito che potrebbe governare insieme a Liebermann, smussando in tal modo la posizione dialogica coi palestinesi che finora il suo partito aveva tenuto. Questo la metterebbe in difficoltà con i partiti degli arabi israeliani che Libermann vorrebbe costringere alla fedeltà a Israele o all’espulsione in zone sotto la giurisdizione dell’Autorità palestinese.
Fra i cristiani in Israele si teme l’entrata nel governo – nella coalizione di Netanyahu – del partito Shas, nazionalista e ultra ortodosso adesso occupa 12 seggi al parlamento. La sua politica è fortemente improntata a una forte osservanza delle pratiche religiose ebraiche e al sostegno delle scuole religiose ortodosse, con un freno alle altre comunità religiose. In passato, ministri degli interni presi dallo Shas hanno bloccato visti di ingresso di personale religioso cristiano in Israele.
29/03/2006