Le elezioni in Iran: una sfida tra conservatori
Teheran (AsiaNews/Agenzie) - Le fonti di regime parlano di una partecipazione al voto del 65% dei 52 milioni di iraniani che hanno diritto al voto. Dato non controllabile, come del resto quasi tutto ciò che riguarda questo voto per i 290 membri del Majlis, il Parlamento. Se vicina al vero, l'affluenza alle urne sarebbe di conforto alla Giuda suprema, Ali Khamenei, che ha molto spinto per la partecipazione.
Khamenei, peraltro, è uno dei due veri concorrenti, l'altro essendo il presidente Mahmoud Ahmadinejad. In certo senso si può dire che il voto è quasi un referendum su quest'ultimo, da tempo in contrasto con Khamenei, a un anno dal rinnovo della presidenza della Repubblica, alla quale non potrà concorrere, avendo già ricoperto il ruolo per due mandati.
Nel Parlamento Ahmadinejad non ha mai avuto una maggioranza, ma è importante vedere con quale minoranza si troverà a gestire quel che resta del suo potere. Un primo dato non lo conforta: non è stata eletta sua sorella Parvin, che pure si era presentata a Garmsar, città natale del presidente.
D'altro canto, le elezioni iraniane presentano notevoli particolarità, che le rendono decisamente lontane dall concetto occidentale di democrazia: tutti i candidati debbono avere l'approvazione preventiva da parte del regime, debbono essere laureati e debbono essere ritenuti fedeli al principio del potere gestito dagli ayatollah.
Ciò premesso, le elezioni sono un affare tra l'United Front of Principalists, che sostiene Khamenei, e il Resistance Front, schierato con Ahmadinejad.
L'opposizione, quella dell'Onda verde, non esiste più. I suoi leader Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi, sconfitti alle elezioni presidenziali del 2009, sono di fatto agli arresti domiciliari dal febbraio 2011. Ciò malgrado un esponente "progressita", Mohammadreza Tabesh, è risultato eletto.
Pur con tutti i limiti che ha imposto, il regime continua a essere preoccupato. Fonti dell'opposizione denunciano che nelle settimane precedenti il voto c'è stata un'impennata di arresti di giornalisti, avvocati e media elettronici. tra gli arrestati, Mohammadreza Tabesh, direttore dell'appena bandito "Sobh-e Azadi". Jelodarzadeh è un veterano, ferito durante la guerra con l'Iraq. Di lui la famiglia non sa più nulla. Il suo è forse il caso più eclatente, ma non è il solo.
E un rapporto di Amnesty international denuncia che nel 2011 il numero delle esecuzioni in pubblico si è quadruplicato e le condanne a morte sono state il doppio del 2010.