Le banche cinesi raggiungono il limite fissato per i prestiti
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le maggiori banche cinesi hanno quasi raggiunto la quota di finanziamenti pianificata dallo Stato per il 2010 di 7.500 miliardi di yuan (circa 837 miliardi di euro). Ora dovranno frenare i nuovi finanziamenti, cosa che aiuterà a contenere la rapida inflazione.
Secondo fonti locali, la Banca Industriale & Commerciale di Cina, la Banca di Cina (Boc) e la Banca Agricola di Cina già si limitano a rinnovare finanziamenti già concessi. Secondo dati della centrale Boc, i finanziamenti erano arrivati a 6.900 miliardi a fine ottobre. Ieri il 21st Century Business Herald ha scritto che a novembre ci sono già stati circa 600 miliardi di prestiti, così da raggiungere il limite di 7.500 miliardi.
Una situazione simile c’è stata nel novembre 2008 e allora il governo rimosse la quota limite e così permise l’erogazione di nuovi prestiti. Ma allora Pechino voleva stimolare l’economia per superare la crisi finanziaria. Nel 2009 i prestiti bancari raggiunsero il record di 9.600 miliardi di yuan.
Tutto ciò ha però contribuito a fenomeni speculativi, come la corsa dei prezzi degli appartamenti, e ha favorito l’inflazione. Negli ultimi mesi, invece, il governo ha più volte invitato a limitare i nuovi prestiti, per evitare speculazioni immobiliari e frenare l’inflazione. A ottobre l’inflazione è giunta al 4,4%, record da 10 anni, e la Boc ha aumentato i tassi di interesse bancari, per la prima volta dal 2007, e ha disposto l’aumento delle riserve monetarie degli istituti che fanno prestiti.
Si prevede che l’inflazione aumenti ancora e si prevede un +4.8% a novembre. Esperti dicono che al Central Economic Work Conference, principale incontro annuale in materia economica, a dicembre, il governo fisserà come obiettivo per il 2011 un’inflazione al 4%, dopo che per il 2010 era stato fissato al 3%.
Zhang Janhua, capo ricerca della Boc, ha detto a novembre che la Cina deve ritornare a una “normale” politica monetaria per rispondere alla forte immissione di denaro da parte degli Stati Uniti e agli aumenti del prezzo dell’energia.
Per evitare proteste, per il forte aumento dei prezzi soprattutto degli alimenti (per le verdure ci sono stati aumenti superiori al 60% in un anno), il governo ha ordinato alle autorità locali la vendita di grano, olio da cucina e altri generi a prezzo politico e ha stanziato sussidi per le famiglie povere. Ma non ne ha spiegato l’entità: l’agenzia statale Xinhua ha indicato che i 223mila residenti di Pechino con basso reddito avranno a novembre un sussidio di appena 100 yuan. Alcuni governi provinciali elargiscono sussidi alle caffetterie frequentate da studenti per tenere bassi i prezzi.
Oggi il governo ha anche annunciato una vasta operazione contro gli speculatori, accusati di causare aumenti ingiustificati dei prezzi di generi necessari. Ma molti ritengono che gli aumenti dei generi alimentari non dipendano soprattutto da fenomeni speculativi, ma siano conseguenza dei forti prestiti erogati dalle banche e dei finanziamenti effettuati dal governo per molti miliardi di euro quando l’economia era in difficoltà. Pechino teme che il diffuso malcontento sfoci in proteste di piazza, specie se i forti aumenti di prezzo si propagano ad altri generi essenziali.
Peraltro il governo centrale ha persino difficoltà a ottenere la piena collaborazione dei singoli organi statali: esperti ritengono che l’attuale carenza di gasolio nel Paese dipenda dalla politica delle compagnie petrolifere statali di tagliare i rifornimenti, in attesa che Pechino consenta un aumento del prezzo al dettaglio per adeguarlo alla crescita del costo del greggio.
13/08/2007