Le Madri di Tiananmen chiedono al governo che parli sul massacro
Lettera aperta dei familiari degli uccisi nel massacro del 4 giugno 1989. Il Partito non risponde e attende che essi “muoiano” per sbarazzarsi del problema. Con l’avvicinarsi dell’anniversario, le famiglie sono sottoposte a controllo, isolamento, blocco del telefono, di internet e della posta.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le famiglie degli uccisi nel massacro di Tiananmen (4 giugno 1989), domandano a Pechino di rompere il silenzio e aprire con loro un dialogo sulla violenza operata dal governo.
Come ogni anno, all’avvicinarsi dell’anniversario, un gruppo di 128 membri dell’associazione Madri di Tiananmen, ha diffuso una lettera aperta in cui si critica la leadership per non voler ascoltare le loro richieste di aprire un dialogo franco e aperto su quanto avvenuto la notte fra il 3 e il 4 giugno 1989. “Le autorità comuniste – dice la lettera – dovrebbero ascoltare la nostra voce, eppure non c’è alcuna risposta… Forse che davvero essi attendono che noi ci consumiamo, che moriamo, così che il problema sparisca?”.
Da aprile al giugno ’89, fino a un milione di giovani, operai, contadini, hanno manifestato in piazza Tiananamen domandando la fine della corruzione e la democrazia. La notte fra il 3 e il 4 giugno l’esercito cinese è intervenuto con carri armati e armi da fuoco per “liberare la piazza”, occupata ormai da mesi. Centinaia e forse migliaia di giovani sono stati uccisi o stritolati, altri colpiti nelle vie adiacenti alla piazza. Per il Partito comunista, il movimento è stato una “ribellione controrivoluzionaria”, pur essendo stato un movimento non violento.
Con l’andare degli anni, di fronte alle critiche delle Madri di Tiananmen, che domandano la revisione del giudizio sui loro figli da “controrivoluzionario” a “patriota”, il governo ha fatto valere l’interpretazione del “male minore”: la soppressione del movimento dell’89 è stata necessaria per portare alla Cina tutto il benessere di oggi.
La lettera invece afferma: “Dal sangue e dalle lacrime, siamo giunti a capire che il 4 giugno non è solo un male per ogni famiglia, ma per l’intera nazione”.
Il gruppo chiede anche la fine della persecuzione contro i suoi membri. Ormai, per periodi sempre più lunghi durante l’anno, le famiglie sono seguite da poliziotti, isolate e controllate a casa, i loro telefoni tagliati, le connessioni internet azzerate, la loro posta requisita.
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