Le Letture del patriarca di Mosca sugli 80 anni della Vittoria
Le conferenze formative che dalla fine dell'Unione sovietica chiudono la stagione natalizia a Mosca sono la massima rassegna ideologica della nuova Russia ortodossa. Da Kirill l'appello alla mnogočadie, la “multifigliolanza” come stile di vita indispensabile: "Siamo il Paese più grande per la sua superfice geografica, ma siamo troppo pochi per tutto questo spazio".
Si sono tenute a Mosca dal 26 al 30 gennaio le “Letture natalizie internazionali formative” organizzate dal patriarcato di Mosca, giunte ormai alla XXXIII edizione. Si tratta di un evento pensato subito dopo la fine dell’Unione Sovietica, dopo che il 7 gennaio 1992 si era celebrato per la prima volta il Natale di Cristo in un contesto di liberazione definitiva dall’ideologia ateista che aveva dominato per settant’anni, anche se di fatto già negli anni della perestrojka di Gorbačev si viveva in condizioni di libertà religiosa sempre più evidente e confermata dalle leggi. Per diversi anni le Letture Natalizie sono state un ambito di incontro tra ortodossi, cattolici e protestanti, intellettuali russi e stranieri di diverso orientamento filosofico e culturale, che attiravano moltissime persone in un movimento generale di rinascita religiosa della Russia.
Nell’era putiniana, dopo le celebrazioni giubilari e presidenziali del 2000, le Letture sono diventate di fatto la massima rassegna ideologica della nuova Russia ortodossa, in cui si esprimono le categorie fondamentali del Mondo Russo e dei “valori tradizionali” che la politica deve riuscire a imporre alla popolazione e a tutti coloro che intendono avere relazioni politiche, culturali ed economiche con la Federazione russa. Quest’anno la manifestazione è stata infatti dedicata alla tematica già proposta dallo stesso presidente Vladimir Putin, “80° anniversario della Grande Vittoria: memoria ed esperienza spirituale delle generazioni”, il senso più decisivo e “mistico” della grandezza militare staliniana e sovietica, da cui rinasce oggi la Russia militante e apocalittica nella sua natura più profonda.
A imitazione delle Letture patriarcali, anche la Duma di Mosca ha cominciato dal 2012 a tenere in parallelo gli “Incontri natalizi parlamentari”, a cui si invitano il patriarca o i metropoliti, e varie personalità dal mondo ortodosso. Vista l’importanza del tema bellico-spirituale, il patriarca Kirill è intervenuto alla Duma con un’ampia relazione, confermando la “grande importanza di un dialogo su questi temi tra la Chiesa e i rappresentanti del potere legislativo, in un tempo in cui nei Paesi che si ritengono più progrediti vengono distrutte le fondamenta morali dell’essere, della vita familiare e delle relazioni tra i sessi e le generazioni”. Di fronte a questa crisi mondiale, “la Russia si dirige per una via alternativa e particolare dello sviluppo civilizzatore”.
Il patriarca ammonisce che “quando le norme e le leggi contraddicono i comandamenti divini e distruggono la natura morale, spirituale e perfino fisica della persona umana, questo è un segnale dell’incapacità di esprimere una vera civiltà vivente”, e quindi si impedisce qualunque progresso politico e sociale. Egli assicura che “anche se spesso non veniamo capiti all’esterno, una parte molto significativa dei cittadini dei Paesi dove avvengono questi pericolosi processi è in realtà dalla nostra parte, anche se purtroppo non sempre essi hanno la possibilità di esprimere il proprio parere”. Questo sembra essere in effetti il vero scopo dei proclami e della propaganda di Stato e Chiesa in Russia: non tanto convincere i propri sudditi, che comunque non hanno la possibilità di contraddire i capi politici e religiosi, ma appellarsi alla parte più sensibile alle idee del “sovranismo etico” nel resto del mondo, sottoposta alla censura dei potenti che vogliono “cancellare la natura umana”.
“Quelli come noi sono la maggioranza”, insiste Kirill dal suo trono di patriarca universale, e il compito della Russia è dare voce a questo popolo oppresso. In questo senso sono molto importanti gli sforzi e le iniziative legislative del parlamento russo, che cercano in tutti i modi di “rafforzare le basi tradizionali, morali e spirituali della vita della società”, come il divieto di adottare bambini per chi proviene dai Paesi “degenerati”, le limitazioni dei contenuti diffusi sulla rete internet, tanto importanti per le generazioni più giovani, e il sostegno a un ideale di massima fertilità generativa. “Noi siamo il Paese più grande per la sua superfice geografica, ma siamo troppo pochi per tutto questo spazio, solo una normale vita di famiglia con tanti figli può garantire la sopravvivenza della nostra civiltà e lo sviluppo della nostra Patria”, insiste il patriarca usando un neologismo derivato da espressioni slavo-ecclesiastiche, mnogočadie, la “multifigliolanza” come stile di vita indispensabile.
La Chiesa russa appoggia convintamente anche le tante leggi approvate per il controllo della sfera migratoria, e la nuova strategia illustrata a fine anno dal presidente Putin per “la contrapposizione all’estremismo in tutti gli ambiti, compreso quello della migrazione”, indicando nella migrazione illegale la causa della crescita della criminalità in Russia. Si sorvola sulle violenze dei soldati di ritorno dal fronte, che del resto spesso sono delinquenti efferati e seriali, che grazie all’esercito hanno ottenuto sconti di pena e riabilitazione sociale. Ringraziando i deputati anche per le tante misure a protezione delle proprietà ecclesiastiche, per le esenzioni fiscali e la speciale attenzione alla presenza della Chiesa nel settore sanitario, il patriarca si è quindi dedicato all’esaltazione della mistica della Vittoria.
Kirill sottolinea che “la Vittoria nella Grande Guerra patriottica non è stata soltanto il più grande successo militare di tutto il Paese, ma anche la grande impresa morale del nostro popolo”, utilizzando il termine podvig, che esprime la vetta dell’esercizio ascetico e del sacrificio monastico. Per questo oggi “il nostro sacro dovere consiste nel conservare nel nostro cuore la verità sulle guerre del passato e su questi avvenimenti storici, contrapponendoci attivamente ai tentativi cinici e continuativi di sminuire il ruolo del popolo sovietico nella sconfitta del nazismo”. La grande Vittoria è il risultato di un “grandioso servizio di dono di sé stessi, nell’unità delle persone e del popolo russo”, da esaltare in quanto “di fronte alle sfide contemporanee queste qualità assumono un valore ancora più importante”.
Come spiega il patriarca, “l’unità del popolo non è soltanto una dimensione politica o sociale, ma una realtà spirituale che si fonda sui valori comuni, sulla presa di coscienza degli obiettivi da raggiungere, sulla responsabilità comune per il destino del Paese”. Di fronte alla minaccia della globalizzazione e delle guerre informative, che tentano di imporre “ideologie estranee”, bisogna stringere le fila e non dare spazio agli “agenti stranieri” che si infiltrano nelle vene del corpo sano per avvelenarlo. L’attenzione ai valori tradizionali, soprattutto a quelli della famiglia, sono stati proposti con insistenza e al massimo livello negli ultimi anni, come nel 2023 declamato “Anno della Famiglia”; ma Kirill si chiede “quanto questi valori sono diventati parte della vita reale dei nostri concittadini, quanto riflettono davvero la mentalità dei russi?”, esprimendo un fondo di scetticismo inevitabile, vista anche la sempre più scarsa frequenza alle liturgie ortodosse, che a Natale non sono riuscite a radunare più di due milioni di fedeli in tutta la Russia.
“Spesso i nostri fratelli non capiscono bene che cosa siano i valori tradizionali”, ammette il patriarca, sulla base anche dell’esperienza dei sacerdoti che sono preoccupati in quanto “nella coscienza delle persone rimane una notevole tolleranza verso l’aborto, i tradimenti e le rotture familiari, la convivenza immorale e molti altri vizi e comportamenti sbagliati”, ereditati da una società che per decenni ha cercato di cancellare le tradizioni, difficili da far rinascere solo con proclami e imposizioni dall’alto.
Gli ammonimenti del patriarca sono stati sostenuti dai tanti interventi alle Letture natalizie, a cominciare da quello del rappresentante del Sinodo ortodosso per i rapporti con le Forze Armate, il protoierej Dimitrij Vasilenkov, secondo il quale “la guerra è una prova di eccezionale importanza per gli esseri umani, e vince l’esercito che mostra la maggiore forza spirituale… i nostri avversari sono guidati da un’ideologia neo-pagana e conoscono solo l’istinto di uccidere, come le fiere, mentre noi dobbiamo essere la luce che vince le tenebre. L’uomo credente non teme la morte, perché essa è già stata sconfitta, ed egli combatte per amore”.
Agli appelli per il “combattimento spirituale” si associano i relatori intervenuti sulle “Antiche tradizioni monastiche nelle condizioni del mondo contemporaneo”, come il giovane vescovo bielorusso Porfirij (Prednjuk) che ha esaltato il grande significato degli ottant’anni dalla Vittoria per l’unione dei popoli di Russia e Bielorussia, in cui si realizza il vero ideale del monachesimo, mirnoe i bezmolvnoe žitje, la “vita pacifica e silenziosa”. Con questa invocazione presa dalla liturgia ortodossa, il vescovo voleva forse accennare alla devota sottomissione del popolo bielorusso al suo grande batka (padrino), il presidente Aleksandr Lukašenko appena riconfermato dopo oltre trent’anni di dominio, quanto da queste parti si ritiene più simile all’autentica paternità spirituale.
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