Lavoro minorile per la raccolta del tabacco in Kazakistan
Astana (AsiaNews/Agenzie) – “Dalle 4 di mattina alle 10 – dice la bambina di 12 anni ai funzionari di Human Rigths Watch (Hrw) – stiamo nei campi a raccogliere [foglie di tabacco]. Alle 11 e all’1 del pomeriggio mangiamo e filiamo [le foglie]. Dalle 4 alle 10 di sera raccogliamo di nuovo. Poi filiamo fino a mezzanotte, e andiamo a dormire. Alle 4 di mattina ci alziamo e ricominciamo. Questo va avanti da tanto tempo”.
Hrw lo scorso autunno ha intervistato decine di operai nei campi del distretto di Enbekshikazakh, circa 120 chilometri a est di Almaty, cuore della coltivazione del tabacco. Ha pubblicato i risultati nel pamphlet “Lavoro infernale: lo sfruttamento dei lavoratori migranti per il tabacco in Kazakistan”. Dalle interviste e da quanto Hrw ha visto emergono violazioni documentate del salario minimo e mancanza di contratti scritti, lavoro coatto con rimprovero e minacce e trattamento “da schiavi”, orari di lavoro troppo lunghi e sotto il sole e il diffuso sfruttamento di bambini dai 10 anni in su. Manca l’acqua potabile e spesso gli operai bevono nei canali di irrigazione, contaminati da pesticidi.
Il magro salario, spesso dato solo alla fine del raccolto, è commisurato alla quantità di tabacco raccolto, lavorato, essiccato, tolte le spese di viaggio e soggiorno restano poche centinaia di euro per circa 6 mesi di lavoro. Così le famiglie portano con loro anche i bambini, per avere più braccia. La bambina intervista è kirghisa, venuta con centinaia di famiglie che non hanno lavoro. Il raccolto dura anche sei mesi e i bambini perdono la scuola. La nicotina contenuta nel tabacco può essere assorbita dalla pelle durante il raccolto, con gravi problemi sanitari per i bambini.
A seguito del rapporto, funzionari del governo kazako hanno incontrato i responsabili di Hrw e hanno loro espresso “preoccupazione”.
E’ anche risultato che tutto il tabacco di questa zone è acquistato dalla Philip Morris Kazakhstan, sussidiaria della multinazionale leader Philip Morris International, che vende i suoi prodotti in 160 Paesi e ha un giro di affari di circa 90 miliardi di dollari anche con marche come Marlboro, L&M, Chesterfield, Bond Street.
Nei giorni scorsi la ditta ha scritto sul proprio sito online che “la Philip Morris si oppone con fermezza al lavoro minorile”. Il suo portavoce Peter Nixon, interpellato dai media, ha detto che ora l’azienda si attiverà per impedirlo nel raccolto del tabacco kazako, chiedendo che i fornitori facciano contratti scritti con adulti e programmando ispezioni a sorpresa.
Jane Buchanan, ricercatrice di Hrw, osserva però che “una compagnia come la Philip Morris ha con certezza le risorse per porre fine a queste pratiche” e che nell’Asia centrale il problema del lavoro minorile è ben conosciuto e “le ditte dovrebbero avere politiche per riconoscere ed eliminare i problemi con i diritti umani relativi ai loro approvvigionamenti” di materia prima.
Gli esperti stimano che nel Paese vengono da 300mila a un milione di migranti ogni anno, provenienti da Paesi ex sovietici, molti per fare lavori agricoli.
I migranti intervistati spiegano che quando arrivano sui campi, i datori di lavoro ritirano il loro passaporto, dicendo che lo devono presentare alla polizia per apporvi il visto. Il passaporto viene restituito agli operai solo la notte prima della partenza. Senza visto né permesso di residenza.
23/11/2023 08:45