Lavoratori migranti, prime vittime della recessione mondiale
Singapore (AsiaNews/Agenzie) – I lavoratori migranti, fra i primi protagonisti del processo di globalizzazione dell’economia mondiale, sono anche le prime vittime della crisi finanziaria che ha colpito i mercati. Essi costituivano una fonte preziosa di manodopera nei settori industriale, edile, manifatturiero; a causa della recessione molti di loro non hanno più lavoro, non percepiscono gli stipendi in arretrato e non possono fare rientro nella terra d’origine, dove le condizioni di vita sono ancora peggiori.
La storia di Mohammad Ali, operaio del Bangladesh emigrato a Singapore, è solo uno dei tanti esempi di vessazione ai quali devono sottostare i lavoratori migranti: egli è stato rinchiuso in una gabbia per tre mesi dal proprio datore di lavoro, perché non lo denunciasse per il mancato pagamento degli stipendi in arretrato. Con lui hanno vissuto lo stesso dramma altri 100 immigrati, che per tre mesi hanno condiviso una cella angusta all’aperto, intrappolati come animali, in balia delle intemperie. La loro disavventura si è conclusa grazie all’intervento di un gruppo di attivisti per i diritti dei lavoratori, il quale ha denunciato il caso al ministero del lavoro di Singapore.
Nel 2007 i settori edile, navale e manifatturiero a Singapore hanno garantito lavoro a circa 800mila immigrati. A causa della recessione globale, progetti e cantieri sono bloccati. Secondo una associazione per i diritti umani almeno 100milioni di immigrati nei Paesi arabi, Singapore e Taiwan versano in condizioni precarie; la maggior parte provengono dal Bangladesh, Cina, India, Pakistan, Filippine e Sri Lanka. “Annego nei debiti fino al collo” denuncia Vangie Paticeria, immigrato filippino a Taiwan che a dicembre ha perso il lavoro. “Se torno in Bangladesh muoio – aggiunge Monerul Monto – Se avete un posto di lavoro da offrire, ditemelo. Sono disposto a fare qualsiasi cosa”.
Secondo le ultime cifre fornite dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), nel 2009 saranno tagliati 51 milioni di posti di lavoro. Il livello di disoccupazione globale toccherà il 7,1% entro la fine dell’anno, con un trend in continua crescita se confrontato al 6% del 2008 e al 5,7% del 2007.
Le previsioni più ottimistiche fornite dall’agenzia Onu parlano di 18 milioni di nuovi disoccupati, ma è più probabile che il dato si attesterà attorno ai 30 milioni di senza lavoro.
In settimana il colosso americano Caterpillar ha tagliato 20mila posti di lavoro, Home Depot circa 7mila e altre aziende come Ing e Philips segnano il passo con diminuzioni progressive del personale.