Lahore, imprenditrici fra le donne rom: il programma di una ong cristiana
Lahore (AsiaNews) - La AIDS Awareness Society (Aas), organizzazione non governativa cristiana pakistana in prima fila nel sostegno alle categorie più deboli e disagiate, ha annunciato un nuovo progetto intitolato “Responsabilizzazione socio-economica delle donne gitane”. L’iniziativa è stata presentata in questi giorni in un hotel di Lahore e mira a valorizzare l’imprenditoria delle donne rom e senza fissa dimora della metropoli del Punjab. Hector Nihal, cristiano e direttore della ong, sottolinea che l’iniziativa permetterà ad almeno 500 fra artigiane e piccole imprenditrici di migliorare le loro competenze e le potenzialità commerciali, rispondendo al meglio alle domande del mercato. “Per la prima volta - spiega l’attivista - una organizzazione lavora per migliorare il potenziale di questo settore della società, spesso relegato ai margini”. Vogliamo dare un valore aggiunto ai loro prodotti, sottolinea, e trovare segmenti di mercato all’interno del quale lanciare i prodotti del loro marchio “chiamato gipsy”.
Fra i sostenitori dell’iniziativa vi è anche la USAID - agenzia governativa Usa che si batte per l’uguaglianza di genere - che darà vita a un centro comunicazione e commercio per le donne imprenditrici gitane. Esso servirà da spazio espositivo e per la vendita dei prodotti, fra cui ventagli, cesti di paglia, tappeti, vestiti fatti a mano, suppellettili e giocattoli.
Meglio noti come Khana Badosh o Pakhi Was, le comunità di zingari in Pakistan vivono in tende o in campi provvisori. Secondo uno studio pubblicato il mese scorso da Aas, nella sola Lahore essi sono distribuiti in 250 diversi punti in cui vivono dalle 20 fino alle 800 persone. In tutto il Paese vi sono almeno 10 milioni di rom, di cui almeno 500mila nella capitale del Punjab, e sono spesso vittime di pregiudizi, ostilità e sfruttamento.
Per secoli essi hanno vissuto in modo pacifico nel Paese, ma la crescente urbanizzazione e un sentimento diffuso di intolleranza stanno minacciando la loro sopravvivenza. Molte tribù sono stare costrette a fermarsi nei centri urbani e faticano a integrarsi. E in molti casi essi non godono del diritto di cittadinanza, non hanno carte di identità, non possono votare e pretendere pari trattamento e diritti.
Intervistato da AsiaNews Noor ul Zaman, ricercatore e studioso, riferisce i risultati di un’indagine che ha coinvolto 450 persone di etnia rom, la maggior parte delle quali analfabete. In passato le loro principali attività, racconta, erano gli spettacoli di strada con protagonisti orsi e serpenti, ma ora questi eventi hanno perso il loro interesse. E oggi essi vivono facendo i domestici, mendicanti, cantanti o ballerini di strada, professioni considerate “immorali” in una nazione a larga maggioranza islamica. I matrimoni fra minori sono una pratica comune e il 69% guadagna meno di 10mila rupie (meno di 100 dollari).
Naghma Niamat, una delle partecipanti al progetto, esponente della comunità rom, racconta che “per la prima volta” le sue creazioni sono state osservate anche da persone esterne alla cerchia familiare. “Gli organizzatori - racconta - mi hanno detto che i miei teli saranno venduti ad almeno 5mila rupie”, una cifra che “mio marito, operaio, guadagna in un mese”. Sposata all’età di 14 anni e madre di tre bambini, la donna ha vissuto per oltre 20 anni senza una fissa dimora, prima che la famiglia acquistasse un piccolo appezzamento di terreno. “Voglio solo che i miei bambini - conclude - possano studiare in scuole di buon livello e speso che il mio sogno possa realizzarsi presto”.