La “pista cecena” dell’attentato di Boston e i rapporti con la Russia
Mosca (AsiaNews) - Iniziata come una storia di bombe e sangue americano, l'attentato alla maratona di Boston è diventato all'improvviso una vicenda "russa". La polizia americana ha identificato nei fratelli di origine cecena Tamerlan e Dzhokar Tsarnaev (26 e 19 anni) i due principali sospetti per la duplice esplosione che il 16 aprile ha ucciso tre persone, tra cui un bambino di otto anni. Oggi i giornali aprono con titoli come "Un terrore a noi conosciuto" oppure "Pista cecena nelle bombe alla maratona". Sono parole che riportano il Paese agli attentati di "stile caucasico" portati a segno nel cuore di Mosca con numerose vittime, di cui l'ultimo risale solo al 2011 all'aeroporto Domodedovo. Ma su siti internet e radio è anche un susseguirsi di commenti che s'interrogano sul concetto di appartenenza nazionale, di identità, visto che i due ragazzi avevano solo sfiorato e mai vissuto la Cecenia e la guerra del Cremlino contro le spinte separatiste (1994-2007).
Lo scontro a fuoco con gli agenti che davano la caccia a Tamerlan e il giovane Dzhokar, catturato il 20 aprile, (giovane col valore dei "soldi e carriera" come lui stesso raccontava sui social netowrk) sembrano più figli di una mancata integrazione e tormentata ricerca di identità, che non del jihad e dell'indipendentismo ceceno.
Se la "pista russa" verrà confermata si tratterebbe del primo attentato di ceceni in Occidente, ha fatto notare il Guardian. Ma è la prima volta che si tratterebbe di ceceni "non puri", ma cresciuti e educati all'estero. Da dieci anni i fratelli Tsarnaev vivevano negli Usa, uno forse era già cittadino americano. Nipoti di nonni deportati in Asia centrale da Stalin e figli di genitori in fuga dalla guerra civile tra Grozny e Mosca, essi hanno vagato con la famiglia tra Cecenia, Kirghizistan, Daghestan e Kazakhstan. Con un passaggio anche in Turchia. Il presidente ceceno, Ramzan Kadyrov, ha preso subito le distanze: "Con noi non c'entrano niente, da anni non erano qui. Chiedete a chi li ha educati". Vale a dire l'America. Nazionalisti, ma anche commentatori moderati hanno lanciato da più parti "la domanda sull'identità". "Basta un passaporto russo per dirsi russi? Basta una pagina su Vkontakte (il Facebook in cirillico) per essere russo? O parlare solo la lingua?".
Tamerlan, appassionato di arti marziali tanto da allenarsi per le Olimpiadi, sosteneva che piuttosto che gareggiare per la squadra del suo Paese d'origine si sarebbe fatto nazionalizzare americano. Poi, però, dichiarava di "non avere un solo amico americano". "Non li capisco", diceva. Così postava su Youtube video inneggianti alla guerra islamica e si era avvicinato ad ambienti integralisti.
La giornalista esperta di ex Urss, Anne Applebaum, sul Washington Post fa notare che i due "non sono i terroristi dell'11 settembre o quelli della strage alla scuola Columbine, ma assomigliano di più agli attentatori alla metro di Londra o ai treni in Spagna". "Potevano essere pakistani che vivono a Coventry o algerini che vivono a Parigi". "Istruiti e cresciuti in Europa - scrive la Applebaum - questi giovani uomini in Europa si sentono comunque fuori luogo. Incapaci di integrarsi, alcuni fanno ritorno a una semi-mitologica e semi-sconosciuta madrepatria in cerca di una più definita e fiera identità. Spesso lo fanno con l'aiuto di predicatori radicali come è successo a uno degli Tsarnaev".
Nonostante molti indizi facciano pensare a un piano ordito da soli e a livello "non professionale", resta da verificare se non ci siano altri complici e se si possa escludere effettivamente una pista di stampo islamico, che riconduca a una rete più ampia.