La “pace islamica” nello Swat è una sconfitta dello Stato di diritto
Islamabad (AsiaNews) – Il controverso accordo di pace fra il governo della provincia della Frontiera nord-occidentale (Nwfp) e le milizie talebane Tahrik-e-Nifaz Shariat Muhammadi (Tnsm) potrebbe segnare la fine della lotta armata, al prezzo di nuove sofferenze e persecuzioni. A pagarne le conseguenze sarebbero in particolare le donne e le minoranze religiose. È quanto temono attivisti per i diritti umani, secondo i quali l’introduzione della sharia – la legge islamica – in cambio del cessate il fuoco nella divisione di Malakan è una “sconfitta per la democrazia e per lo Stato di diritto”.
Il governo ha combattuto per due anni i talebani nella zona, senza successo. Gran parte della valle è da tempo sotto il controllo delle milizie islamiche; quella che un tempo era una rinomata zona turistica, negli ultimi mesi è divenuta teatro di centinaia di assalti a scuole – soprattutto istituti femminili – a negozi di video e dvd perché contrari alla morale dell’islam. Per sfuggire alle persecuzioni, migliaia di persone hanno abbandonato le proprie case. Ora regna una calma apparente a Swat, ma essa è accompagnata dai rinnovati timori per il futuro della valle.
Mehboob Sada, direttore del Centro studi cristiano (Csc) a Rawalpindi, ricorda “persecuzioni e minacce” verso i cristiani in diverse zone della Nwfp e teme che l’applicazione della sharia “renderà la situazione ancora più difficile” perché i talebani governeranno “seguendo i principi della legge islamica”.
I A Rehman, attivista per i diritti umani, in un articolo pubblicato sul quotidiano pakistano Dawn sottolinea che ora le milizie “hanno piena libertà di azione nella zona” e accusa i firmatari dell’accordo di scarsa lungimiranza, perché non hanno tenuto conto “delle conseguenze di lungo periodo”. “Il fatto che i firmatari – scrive – hanno condannato la democrazia e le elezioni come non-islamiche, implica che le istituzioni democratiche dovranno sottostare alla volontà delle milizie” e preannuncia “un futuro buio per la popolazione dell’area”.
“Serie preoccupazioni” vengono avanzate anche dalla Commissione pakistana per i diritti umani (Hrcp), la quale lamenta la “mancanza di ogni tipo di garanzia contro possibili violazioni della costituzione e dei diritti umani dei cittadini”. “L’introduzione della sharia – spiegano gli attivisti – senza precise rassicurazioni di imparzialità da parte dei giudici preposti a far rispettare la legge, potrebbe segnare la condanna per determinate categorie a rischio fra cui donne, non-musulmani e sette musulmane minoritarie”.
Hcrp ricorda di essere favorevole al dialogo ma è essenziale che “anche dall’altra parte valga il principio della buona fede, della credibilità e della capacità di rispettare gli impegni presi”. “È compito del governo provinciale proteggere i principi democratici, la costituzione e i diritti umani. Il successo o il fallimento determineranno il futuro non solo dello Swat, ma di tutto il Pakistan”.