La “crocifissione” del Patriarca Ecumenico
di NAT da Polis
Un’affermazione di Bartolomeo sulle difficoltà che le autorità turche continuano a porre agli ortodossi suscita la polemica reazione del ministro degli esteri. Ma per permettere la riapertura della scuola di Halki continuano a chiedere che la Grecia faccia costruire una moschea ad Atene
Istanbul (AsiaNews) - Rispondendo alla domanda di un giornalista della Cbs, se si sente in croce a causa delle difficoltà cui va incontro quotidianamente, il Patriarca ecumenico Bartolomeo ha risposto affermativamente, volendo cosi esprimere il suo il suo disagio per la persistenza dei problemi nei quali si trova ad operare la Sede ecumenica dell’ortodossia.
È bastata questa risposta del Patriarca per scatenare la reazione del ministro degli esteri Davutoglu, il quale ha dichiarato: spero che queste parole sono state dette erroneamente e ha definito poco fortunata la comparazione alla crocifissione. “Nella nostra storia come nei nostri usi non abbiano mai fatto uso della crocifissione. Non posso mettere in relazione questo paragone con la personalità matura di lui. Spero che siano state proferite parole non volute”. In realtà sono 19, nel corso del tempo, i patriarchi perseguitati dalle autorità turche, che hanno subito impiccagione, prigione, esilio.
La storia della nazione turca, continua Davutoglu, è stata edificata sulla tolleranza religiosa. La Turchia è uno Stato laico, democratico e di diritto, che non valorizza i suoi cittadini in base alla loro identità religiosa. Tutti i nostri cittadini sono uguali. L’Egr. Sig. Bartolomeo (sic) se deve esprimere i suoi disappunti, li deve rivolgere alle autorità competenti, onde procedere adeguatamente. Non possiamo accettare paragoni che non meritiamo.
E’ stato lo stesso Bartolomeo, parlando con l’agenzia Haberturk , a cogliere l’ occasione per rispondere, dicendo che quale cittadino di questo Paese (ha anche prestato servizio per due anni nell’esercito turco) vuole essere trattato alla pari e non come cittadino di seconda categoria.
Più volte, continua Bartolomeo, ho posto sia per iscritto che verbalmente al primo ministro Erdogan la questione della scuola teologica di Halki e dei nostri altri problemi. La risposta è stata quella del principio di reciprocità: apertura di Halki, apertura di una moschea ad Atene (N.d.R , ad Atene esiste un grande centro islamico con annesso un luogo di preghiera). Ma noi non siamo contrari all’apertura di una moschea ad Atene. Ci fanno pagare, insomma, una cosa di cui non siamo responsabili.
La scuola teologica di Halki, prima della sua chiusura (nel 1971) ha sempre funzionato sotto il controllo del Ministero della pubblica istruzione, cosa che, continua Bartolomeo, noi abbiamo sempre rispettato. Allora c’erano un liceo e la scuola universitaria. Abbiamo chiesto la chiusura del liceo per mancanza di studenti e l’apertura della sezione Universitaria. E’ stata chiusa la sezione universitaria e tenuta aperta la sezione liceale, ormai da anni priva di studenti. C’è però un vicedirettore che prende uno stipendio anche a scuola vuota.
Lo stesso accade anche alle scuole delle altre minoranze. Lo stesso Ministro della pubblica istruzione fa presente che non esiste alcun ostacolo normativo alla nostra richiesta, ma richiama le scuse delle solite reciprocità con la popolazione mussulmana nella Tracia greca. Noi qui, fa notare Bartolomeo, siamo rimasti in 3mila (N.d.R ,dopo le epurazioni del passato), là sono in 150mila (N.d. R con 400 moschee e tre scuole craniche). Un confronto improponibile. In passato vivevano ad Istanbul 130mila cristiano ortodossi. Alcuni qui continuano a dire che sono andati via di propria volontà. Ma penso che nessuno che avesse un’attività ben avviata, sarebbe voluto andare via. Tutti sono stati vittime dei fatti del settembre del 1955 (distruzione delle proprietà), dell’ imposta sugli immobili (mirata a colpire le minoranze), l’esilio forzato ad Askale, la questione cipriota ecc. Per questa ragione, ha concluso il Patriarca, ci sentiamo delusi e faremmo ricorso con tutti i mezzi legali a nostra disposizione.
Anche negli ambienti diplomatici di Istanbul queste dichiarazioni hanno suscitato una grossa impressione dal momento che lo stesso Bartolomeo ha più volte detto di credere alla buona volontà di Erdogan. Negli stessi ambienti si nota come si evidenzi quanto sia complessa la realtà turca, che non permette di capire se quello che appare esprime la volontà di un effettivo cambiamento.
Lo storico originario di Istanbul E. Milas, nota che mentre le autorità da una parte non riconoscono il Patriarcato Ecumenico, dall’ altra riconoscono il cosiddetto patriarcato ortodosso turco, inventato sulla carta dallo Stato laico, i cui fedeli sì e no riempiono un autobus, e che nella loro sede (indebitamente confiscato al Fanar) aveva la base l’affare Ergenekon (la Gladio turca).
Anche il noto scrittore A. Aslan ha fatto notare come il patriarca ecumenico Bartolomeo - il prete Bartolomeo come persistono a chiamarlo le autorità turche - viene ricevuto da tutti con il suo titolo storico, “mentre noi continuiamo a seguire la politica dello struzzo, pensando cosi di risolvere i nostri problemi con i curdi e con gli alevi e di dimenticare anche tutto quel che abbiamo fatto agli armeni.
Come giustamente osservava un nunzio apostolico, profondo conoscitore del mondo medio orientale, in Turchia si è spesso al punto e virgola. Certo qualcosa si muove. E’ vero. Ma c’è anche qualcosa che lo blocca sul nascere. Si spera molto, conclude, nelle giovani generazioni, che, arricchite dalla loro esperienza all’estero tentino di dare una svolta a questa società in fase di transizione .
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