22/03/2023, 08.53
RUSSIA
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La ‘Cosacchia’ sconosciuta

di Vladimir Rozanskij

Alcuni gruppi cosacchi rivendicano una propria entità indipendente da Mosca. Il rischio disgregazione è uno degli effetti della guerra russa all’Ucraina. I primi tentativi di uno Stato cosacco dopo la rivoluzione bolscevica. Difficile stabilire quanti siano gli appartenenti alla comunità.

Mosca (AsiaNews) – Tra le tante rivendicazioni separatiste delle varie repubbliche e regioni della Federazione russa, la più sorprendente sembra giungere da una realtà etnico-storica indefinita, che non ha mai avuto una propria identificazione nazionale e neanche regionale, ma che viene molto richiamata dalla guerra attuale nella zona del Don: l’Unione dei cosacchi.

Intervenendo di recente a una seduta dell’Fsb (i servizi segreti interni), Vladimir Putin ha indicato il pericolo costituito da coloro che intendono dividere e indebolire la società russa, utilizzando “come armi il separatismo, il nazionalismo e la xenofobia”.

Nel marzo 1993 a Rostov-sul Don, gruppi cosacchi avevano in effetti intrapreso il tentativo di creare una repubblica indipendente. La “Cosacchia” doveva sorgere sul territorio meridionale della Russia. Non era la prima volta: nel 1920 vi erano state rivolte nella zona, durante la guerra civile antirivoluzionaria, che durarono diversi anni. Ora alcuni richiamano di nuovo l’idea di una entità propria dei cosacchi, come rivela Novaja Gazeta Evropa, che ha pubblicato un’inchiesta sulla realtà attuale dei cosacchi russi, a volte esaltati come difensori della patria, a volte temuti come minaccia alla sua integrità.

Durante il Forum dei popoli liberi a Bruxelles del 31 gennaio, i partecipanti erano arrivati a ipotizzare 27 Stati indipendenti dopo la frantumazione dell’attuale Federazione russa. Tra  di essi vi sarebbe anche la Cosacchia, rappresentata nel palazzo dell’Europarlamento da un membro del movimento Ezikovskij Ertaul, Aleksandr Zolotarev, che ha rivolto un appello agli europei, ripetuto nei giorni scorsi su vari organi di stampa, a “riconoscere i cosacchi come un popolo represso”. Lo avevano fatto gli Usa nel 1959 nell’ambito della legge “sulle nazioni ridotte in schiavitù”, dove la Cosacchia figura accanto ai Paesi baltici, l’Ucraina, la Bielorussia, l’Armenia, la Georgia e altre.

L’attivista cosacco ricorda che “quasi tutti i popoli elencati in quella legge hanno riacquistato la propria indipendenza, ma la Cosacchia non è mai riapparsa; i cosacchi stessi finora non vengono riconosciuti nella Federazione russa come un popolo a sé stante”, nonostante nella legge russa del 1991 “sulla riabilitazione dei popoli repressi” siano nominati anche loro. I cosacchi sono gli “uomini liberi”, dal significato originario del termine turcico “kozak/kazak”, che hanno sempre cercato nell’impero russo un proprio territorio, senza mai poterlo identificare e ottenere.

Soltanto dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, durante la guerra civile, una parte dei cosacchi ha cercato di distinguersi sia dai “rossi” sia dai “bianchi”, proclamando nella zona di Rostov e dell’Ucraina meridionale, oggi teatro dell’invasione russa, la “Repubblica democratica dei cosacchi”, guidata dal generale Petr Krasnov, soppressa dai bolscevichi nel 1920.

Nel 1942, un gruppo di cosacchi scampati al terrore staliniano ha cercato di far rinascere la repubblica, approfittando delle incertezze della guerra dopo l’assalto delle truppe tedesche, mettendosi a disposizione dei nazisti. Hanno fatto una brutta fine, con oltre 250mila, compresi mogli e figli, costretti a ritirarsi insieme all’armata degli occupanti, mentre le truppe sovietiche hanno massacrato quelli rimasti sul territorio furono. Alcuni sono stati deportati e sparsi sul territorio siberiano insieme a tatari di Crimea, ceceni, calmucchi e altri “popoli traditori”.

A fine 1800 si contavano oltre 3 milioni di cosacchi sul territorio della Russia, con 11 battaglioni di guerrieri distribuiti in 15 repubbliche, il 2,3% dell’intera popolazione. Il censimento più recente del 2021 ha evidenziato 50.450 cittadini russi che si autodefiniscono cosacchi, anche se ancora nel 2010 l’allora presidente del Consiglio federale per le questioni nazionali, Aleksandr Beglov, riteneva che nel Paese vivessero circa 7 milioni di persone che avevano legami di discendenza con i cosacchi.

In realtà i cosacchi non hanno mai definito la propria natura, se considerarsi una etnia indipendente, o una parte del popolo russo per altre caratteristiche sociali, militari o geografiche. La guerra di Putin sembra risvegliare la coscienza di popoli antichi e nuovi, anche di quelli mai veramente esistiti.

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