La vittoria di Abbas, un invito e una sfida a Israele
Gerusalemme (AsiaNews) - L'elezione di Mahmoud Abbas, detto Abu Mazen, a Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese era da tempo data per scontata. I suoi elettori lo hanno scelto come un invito, o piuttosto una sfida, a Israele, che dovrebbe ora accettare di riprendere i negoziati di pace con la vicina Nazione palestinese, per arrivare alla composizione definitiva del conflitto. Ciò risulta da numerosi colloqui con gli esperti e con i comuni cittadini palestinesi riportati dalla stampa locale e quella israeliana. Israele e l'Occidente, infatti, avevano bollato il defunto Presidente Arafat come un "non-partner" indegno a fare da controparte nei negoziati. Da un punto di vista obbiettivo non avevano ragione. Infatti lo stesso Arafat, oltre ad essere il capo storico del movimento nazionale palestinese, aveva vinto le elezioni democratiche a Presidente dell'Anp nel 1996. Negli ultimi tempi poi, Israele e Usa, in particolare, indicavano quasi apertamente all'elettorato palestinese il nome di Abu Mazen: questo appoggio esterno ha avuto un ruolo decisivo nelle scelte dell'elettorato, visto che Abu Mazen in se stesso non è carismatico e non entusiasma la "piazza". "Lo abbiamo eletto perchè lo vogliono Usa e Israele, e ora speriamo che siano contenti e trattino insieme per toglierci di dosso l'occupazione militare e lasciarci liberi" , è il commento più frequentemente udito nelle strade delle città palestinesi. La grande maggioranza dei palestinesi, secondo tutti i sondaggi, non desidera ora altro che la rapida conclusione di un definitivo trattato di pace che li liberi dall'occupazione belligerante dell'esercito israeliano, che dura oramai dal giugno del lontano 1967.
Tutti, esperti e gente comune, sono d'accordo, che se Israele non saprà cogliere la sfida e non accetterà di riprendere i negoziati di pace, interrotti alla vigilia della prima elezione a premier di Sharon, all'inizio del 2001, il Governo Abu Mazen non potrà reggere, o almeno perderà la sua autorevolezza, venendo a mancare la sua ragion d'essere. Ma almeno oggi, all'indomani del voto, ci si può permettere un momento di cauto ottimismo.
Quanto alla Chiesa Cattolica, essa si attende che il nuovo Presidente dell'Anp osservi fedelmente l'Accordo di base firmato con la Santa Sede il 15 febbraio 2000. Esso garantisce la libertà della Chiesa e la piena eguaglianza di diritti dei cittadini palestinesi di religione cristiana (poco più dell'1% della popolazione), e la tutela del regime giuridico particolare della Basilica della Natività a Betlemme. A prova della sua buona volontà in questo senso, ci si attende ch'egli provveda ora alla restituzione della serratura della Basilica della Natività a Betlemme, rubata due anni or sono dai monaci greci-ortodossi di stanza a Betlemme. La restituzione fu ufficialmente chiesta dalla Chiesa Cattolica all'allora Presidente Arafat - con invocazione esplicita dell'Accordo di base - ma egli non aveva fatto in tempo. Questo dovere nei confronti della Cattolicità incombe ora al suo successore. C'è chi osserva che in questa materia una serratura - si gioca l'affidabilità del governo palestinese, almeno per quanto riguarda gli impegni presi nei confronti della Chiesa Cattolica. Nel far rispettare questo diritto, infatti, c'è solo bisogno della buona volontà del governo di Abbas. Non ci si può nascondere dietro le difficoltà economiche, i problemi dell'occupazione, i problemi internazionali.