07/09/2024, 14.56
PAPUA NUOVA GUINEA
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La vigilia di Vanimo, la frontiera missionaria che attende Francesco

di Anna Pozzi

La città dove il pontefice andrà domani, si trova in una zona particolarmente remota. Francesco ha chiesto espressamente di aggiungere questa tappa per poter incontrare i fedeli della diocesi, ma anche i sacerdoti e le religiose dell’Istituto argentino del Verbo Incarnato nella parrocchia di Baro, dove ha contribuito alla realizzazione di una scuola secondaria. La presenza dei missionari indonesiani anche tra chi è fuggito da oltre il confine.

Vanimo (AsiaNews) - Caro Papa Francesco, perché non vieni a Vanimo? Forse padre Martin Prado, missionario dell’Istituto del Verbo Incarnato, non si aspettava che il Pontefice avrebbe preso alla lettera quell’invito. Perché Vanimo è la periferia della periferia di un Paese all’altro capo del mondo. E la missione di Baro, dove sta padre Martin, è, a sua volta, periferia di Vanimo. Ci vuole ancora una mezzoretta dal piccolo aeroporto di questa cittadina fatta di pochi edifici in muratura, qualche magazzino, un po’ di case sparse qua e là, tra oceano e foresta, e una strada che si snoda sinuosa sino alla missione, a pochi chilometri dal confine con l’Indonesia. Qui Papa Francesco, nel pomeriggio di domani, farà una visita-lampo a un piccolo gruppo di missionari argentini e alle consorelle (Serve del Signore e della Vergine di Matará) che si occupano della parrocchia, del complesso di scuole e di una casa di accoglienza per bambine vittime di violenza, che il Pontefice aiuta discretamente da anni. La scuola secondaria, in particolare - l’unica della zona -, è stata costruita e inaugurata quest’anno proprio grazie all’interessamento di Francesco e ai fondi della Conferenza episcopale italiana.

“Quando nel 2019 siamo andati in pellegrinaggio a Roma con un piccolo gruppo di parrocchiani siamo riusciti fortunosamente a incontrare il Papa”, racconta padre Martin, 36 anni di Mendoza, una famiglia numerosa, due fratelli sacerdoti e una sorella suora: uno è monaco a pochi chilometri da Vanimo, alla frontiera con l’Indonesia, mentre la sorella è attualmente la superiora provinciale in Papua Nuova Guinea: “Gli abbiamo spiegato il significato dei doni che gli avevamo portato e lo abbiamo invitato a venire a Vanimo”. Un invito che, evidentemente, Francesco non ha lasciato cadere, chiedendo esplicitamente di inserire questa tappa nel viaggio di quest’anno.

“Desiderava restituire la visita a questa gente semplice”, commenta padre Martin, mentre si aggira per la missione affacciata sull’immensità dell’Oceano Pacifico. Il suo Istituto è arrivato a Vanimo nel 1997, su invito dell’allora vescovo Cesare Bonivento, missionario del Pime, a cui è succeduto nel 2018 un vescovo locale, Francis Meli. Padre Martin si è unito ai suoi confratelli dieci anni fa per dedicarsi in particolare all’annuncio e all’educazione: due percorsi fortemente intrecciati l’uno all’altro.

“Siamo qui per promuovere uomini e donne a immagine di Dio, attraverso Gesù, nella loro cultura e tradizione”. E così, lui che è direttore delle scuole e che aspira a farne un’accademy, passa anche lunghi periodi nel bush, nella foresta, raggiungendo a piedi villaggi remoti con piccolissime comunità sparse su un territorio sterminato: “Li accompagno innanzitutto spiritualmente e celebro la Messa, ma porto con me anche qualche medicina: molti di loro non hanno alcuna possibilità di farsi curare”.

È tempo di ricreazione a Baro: decine di bambini sciamano nei cortili per giocare o fanno merenda seduti sulle radici di imponenti alberi in riva al mare. Suor Sacrifice e suor Virgo li osservano a distanza. Entrambe americane, sono rispettivamente la direttrice della scuola elementare-media e di quella superiore. Verità, bene e bellezza sono i tre cardini attorno a cui cercano di realizzare un percorso educativo che vorrebbero il più possibile “olistico”: “Desideriamo formare persone capaci di pensare, di creare connessioni, di sviluppare uno spirito critico, non solo di immagazzinare nozioni”, dice suor Virgo, mentre ci mostra il nuovo edificio della secondaria avviata quest’anno con una novantina di studenti, equamente divisi tra ragazzi e ragazze: “E in tutte le materie cerchiamo di offrire una prospettiva cristiana, per formare anche a valori e principi”.

Non solo: tra gli insegnamenti introdotti c’è anche la musica. E questo ha dato vita a un vero e proprio miracolo. Grazie infatti al coinvolgimento del maestro Jesús Briceño, membro del progetto El Sistema - la straordinaria rete di orchestre giovanili nate in Venezuela e diffuse in tutto il mondo con milioni di bambini e ragazzi coinvolti - è nata l’Orchestra “Queen of Paradise”, la prima e unica della Papua Nuova Guinea. “Quando sono arrivato qui per la prima volta nel 2018 non c’era nessuno strumento – racconta il maestro -. I ragazzi non sapevano neppure cos’era un violino”. Oggi l’orchestra conta 80 membri dai 10 ai 18 anni, a cui potrebbero aggiungersene presto una quarantina. “All’inizio - interviene il parroco, padre Miguel de la Calle, grande appassionato del metodo di El Sistema - andavamo insieme nei villaggi: io celebravo la Messa e Jesús insegnava musica». Un po’ alla volta, e con molte difficoltà, sono riusciti a procurarsi gli strumenti musicali, tranne i contrabbassi, che probabilmente arriveranno con l’aereo di Papa Francesco. Nel 2021, si sono esibiti di fronte al governo e al Parlamento. “Erano tutti uomini – fa notare padre Miguel -. La nostra orchestra, invece, è composta almeno per metà da ragazze che sono molto ricettive e spesso hanno un grande talento. Per loro significa anche acquisire maggiore autostima ed è un’occasione di emancipazione”.

Molti musicisti, inoltre, sono studenti della nostra scuola secondaria - fa notare Briceño - e spesso sono quelli che ottengono i migliori risultati. Fare musica significa disciplina e armonia, accrescimento umano e spirituale. E questo ha un impatto su tutta la loro vita”. Si sono preparati per esibirsi di fronte a Papa Francesco. “È inimmaginabile la grazia che riceveremo! - si illumina suor Virgo -. La gente di qui ama il Pontefice e questa visita li fa sentire parte della Chiesa. Ci stiamo preparando, anzitutto con la preghiera, perché questa visita entri in profondità nei nostri cuori”.

A rallegrarsi per la tappa di papa Francesco a Vanimo è anche l’ex console indonesiano Widayatmo in Papua Nuova Guinea, che ha vissuto a lungo nei primi anni Duemila in questa città a poca distanza dalla frontiera delicata col suo Paese. Ricorda che qui vive una comunità cattolica significativa formata da malesi di etnia cinese che all'epoca lavoravano nelle fabbriche di legname, australiani e indonesiani fuggitivi dall'"altra" Papua oltre il confine. “Fu mons. Bonivento - ricorda – a recarsi a Giacarta a incontrare il card. Julius Darmaatmadja, allora presidente della Conferenza episcopale, chiedendo di inviare alcuni missionari indonesiani per servire le opere pastorali nella diocesi di Vanimo, accanto a quelli di origine indiana. Il primo ad arrivare fu p. Edi, un Missionario della Sacra Famiglia. Oggi in Papua Nuova Guinea vi sono anche le Suore Serve dello Spirito Santo e i Missionari del Sacro Cuore indonesiani”.

(ha collaborato Mathias Hariyadi)

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