19/11/2024, 08.45
KAZAKISTAN
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La tradizione kazaka si candida all'Oscar

di Vladimir Rozanskij

Tra le opere iscritte alla corsa per il miglior film straniero una storia narrata dal regista Kučinčirekov racconta i traumi legati all'antica usanza di affidare ai nonni l'educazione del primo o dell'ultimo figlio. Porando sullo schermo il confronto tra il Kazakistan di una volta e quello dei tempi moderni. 

Astana (AsiaNews) - Il film dell’attore-regista kazaco Askhat Kučinčirekov Bauyryna salu (“Dallo a tuo fratello”, un modo per definire la “adozione in famiglia”) ha ottenuto la candidatura all’Oscar degli Academy Award per il miglior film straniero. In esso si racconta della tradizione antica del Kazakistan, dell’affidamento del primo o dell’ultimo figlio all’educazione dei nonni e delle nonne. Il ragazzo protagonista del film prova difficoltà quindi a comunicare con il padre e la madre, erigendo una barriera comunicativa nei loro confronti.

Il regista descrive la sua opera quasi come autobiografica, ricordando i traumi emotivi della solitudine vissuta sotto la cura dei nonni, e la storia ha ricevuto grandi apprezzamenti sia nel Paese che all’estero. Già lo scorso anno l’opera aveva vinto in Spagna il premio del “Miglior film giovanile” alla Asia-Pacific Film Awards. In Kazakistan il film ha suscitato un’ampia discussione che contrappone i sostenitori delle tradizioni familiari, che sostengono come i più giovani debbano prendersi cura degli anziani e dei parenti in difficoltà, a coloro che sono invece convinti che la separazione dai genitori naturali sia uno stress ingiusto e immotivato.

Secondo l’uso antico, il figlio viene affidato ai nonni fin dai primi mesi dopo la nascita, e solo al raggiungimento di un’età giovanile tra i 15 e i 18 anni gli viene concessa la possibilità di scegliere se continuare a vivere con loro, oppure di tornare dai genitori. Nella maggior parte dei casi i ragazzi continuano a rimanere dai nonni, considerando i genitori naturali degli “estranei”. La motivazione di questa tradizione sarebbe la maggiore esperienza degli anziani nell’educazione dei figli, per cui si riteneva avessero il diritto-dovere di prendersi cura del primo e magari anche del secondo e terzo figlio, dopo la fine dell’allattamento materno e anche prima, per farli diventare dei membri degni della società nomade. I giovani genitori erano ritenuti inadatti a questo compito, almeno fino al raggiungimento di un’età più matura, e potevano tenersi i figli successivi.

Nella storia narrata da Kučinčirekov, il piccolo Ersultan cresce coltivando il risentimento nel suo cuore per l’abbandono dei genitori, di cui possiede soltanto una vecchia foto sbiadita, che guarda ogni giorno mentre si reca a lavorare nella salina. Quando a 12 anni assiste alla morte della nonna, egli è costretto a tornare nella casa paterna, e cerca di stabilire con i suoi un vero rapporto di famiglia, scontrandosi con le differenze dello stile di vita cittadino, dopo essere cresciuto in quello più “libero e naturale” sulle terre degli anziani. L’atmosfera del film è piuttosto intima e meditativa, con un ritmo molto avvolgente dettato dai pensieri dell’introverso Ersultan, messo di fronte al capovolgimento improvviso della sua esistenza.

Il regista non appare direttamente nel film come attore, ma i critici locali assicurano che “si sente la sua presenza in ogni ripresa”, e anche se la pratica dell’adozione dei nonni non è più così diffusa come una volta, molti kazachi si sono a propria volta riconosciuti nella storia di Ersultan, che riguarda non soltanto le questioni interne della famiglia e i vari conflitti intergenerazionali, ma più in generale il confronto tra il Kazakistan di una volta e quello dei tempi moderni, fino ai giorni nostri.

Negli ultimi 30 anni sono stati selezionati per gli Oscar una decina di film del Kazakistan, due dei quali, Kelin di Ermek Tursunov nel 2009 sulle mitologie turciche zoomorfe e cosmiche, e Ajka di Sergej Dvortsevoj nel 2018, sulla vita di una ragazza kirghisa emigrata illegalmente a Mosca, erano entrati nella lista ristretta dei pretendenti, senza però ottenere il prestigioso premio.

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