La svolta al governo in Giappone, vicina alla dottrina sociale della Chiesa
Tokyo (AsiaNews) - I mesi di agosto e settembre saranno probabilmente ricordati come il periodo durante il quale si è verificata una svolta radicale nella storia politica del Giappone. Se è esagerato, a nostro avviso, presentarla come rivoluzione incruenta, non lo è affatto riferirla come avvenimento storico.
In realtà ci si trova di fronte non a una, ma a due svolte: la prima, che chiamiamo “svolta democratica” vi è stata il 30 agosto e ha avuto per protagonista il popolo, cittadino e rurale, che esercitando la sua sovranità ha tolto il potere al Partito Liberal Democratico (Ldp) che lo deteneva dal 1955. La seconda si è il 16 settembre, quando con l’affidamento della responsabilità governativa al Partito Democratico del Giappone (Dpj) si è avuta una svolta politica.
Nella sua prima conferenza stampa, il premier eletto Yukio Hatoyama ne ha indicato il significato “Sono molto commosso pensando che la storia del Giappone sta cambiando, ma nello stesso tempo sono cosciente che sto assumendo una tremenda responsabilità. Dobbiamo cambiare le cose in modo che questa nazione diventi realmente una nella quale la sovranità sia esercitata dal popolo”.
La lunga gestazione del cambiamento
Prima del 16 settembre si notava una patente contraddizione nell’opinione popolare: il Dpj pur avendo ottenuto un’ enorme vittoria a livello elettorale, riscuoteva magra fiducia circa la capacità di governare. Verso la fine del mese si è avuto un rovescio di tendenze .Un tassista di Tokyo, dopo aver ascoltato le conferenze inaugurali dei ministri eletti, ha commentato: “Tutti hanno parlato a braccio ( cioè, senza foglietti). Sono molto più seri di quanto pensavo. É come se stessero prendendo una curva a piena velocità. Solo mi domando se ce la faranno”.
L’accelerazione non è biasimata perché richiesta dal superamento dell’inerzia degli ultimi governi. Il rifiuto dei foglietti indica che i nuovi ministri non hanno parlato sotto dettatura (della burocrazia).
Quello che il popolo, forse, non ha ancora capito bene è che questo cambiamento ha avuto un periodo di gestazione di 130 anni: la creatura che ne è uscita è una nuova generazione di politici dei quali Yukio Hatoyama è la figura emblematica.
A livello superficiale sembra che Yukio, fondatore e, attualmente, presidente del Dpj ha ucciso l’Ldp, la creatura politica di suo nonno: Ichiro Hatoyama (1883-1959). In realtà Yukio si è inserito nella linea di un processo storico di sviluppo democratico di cui l’attività politica del nonno Ichiro costituisce una tappa.
Presentando lo storico cambiamento, l’editorialista dello Asahi ha scritto: “Per la prima volta nella storia politica moderna della nazione, cominciata con l’era Meiji (1868-1912), gli elettori hanno causato un cambiamento di governo affidando il mandato a un solo partito di opposizione”. Ma il ribaltamento è stato il frutto di una latente anche se travagliata evoluzione iniziata circa dieci anni dopo che il Giappone ha deciso di aprirsi all’occidente.
Lungo questa linea evolutiva sono emersi tre personaggi: Yukichi Furukawa (1835-1901), Ichiro Hatoyama (1883-1959) e suo nipote, Yukio (1947), l’attuale primo ministro. I primi due personaggi hanno, rispettivamente, suscitato entusiasmi popolari, indicati come “boom Furukawa (fine Ottocento) e “boom Hatoyama (seconda metà degli anni ’50).
In linea di importanza la priorità va attribuita al primo, in quanto iniziatore del processo. Furukawa eminente intellettuale dell’epoca Meiji, fondatore del primo quotidiano giapponese (Jiji Shinpo) e della prima università privata (la Keyo), nel suo libro “Minjo Isshin” (“Cambiamento del modo di pensare del popolo”) aveva raccomandato come sistema politico quello del bipartitismo inglese, dove il partito conservatore e quello riformista si avvicendavano al potere.
Purtroppo gli scontri militari con la Cina ( 1895-95), con la Russia (1904-05) e poi di nuovo con la Cina e gli Stati Uniti hanno favorito l’insorgere di un militarismo estremista che ha bloccato ogni sviluppo a livello politico.
Terminata l’occupazione degli Alleati (leggi USA) e il governo un po’ dittatoriale di Shigeru Yoshida (1946-54), fu eletto primo ministro Ichiro Hatoyama, che, costituito il partito liberal democratico (Ldp) ha, almeno idealmente, ripreso il progetto di Furukawa, adottando come parola-chiave del suo programma il termine giapponese Yuai (amicizia e amore), che, in teoria, comportava l’alternanza al governo dei partiti liberale e socialista. Purtroppo anche questa volta la priorità data allo sviluppo economico sopra ogni altro valore ha favorito il formarsi dell’alleanza tra burocrazia, industria e governo, che ha paralizzato lo sviluppo democratico imprigionandolo nel cosiddetto “triangolo di ferro”
Hatoyama, l’uomo della svolta
L’uomo divenuto il paladino di una politica che punta “ alla costruzione di una società fraterna e di una politica basata sull’ amore” è Yukio Hatoyama. Per genealogia e carriera egli è un esponente dell’establishment “dinastico” della politica nipponica ed ex membro del Ldp.
Yukio appartiene alla quarta generazione della famiglia degli Hatoyama. Il suo bisnonno, Kazuo è stato speaker della Camera (1896-97), durante l’era Meiji. L’epurazione del dopo-guerra non ha nuociuto sostanzialmente al clan, perché, come già accennato, il nonno Ichiro, è stato il primo ministro (1955-56) che ha iniziato l’epoca del lungo dominio governativo del Minshuto (Ldp).
Con questi precedenti la carriera nella potente organizzazione dell’Ldp gli era assicurata. È, difatti, entrato nella Dieta (parlamento) a 39 anni come liberal-democratico, ma vincendo l’elezione in un distretto di sua scelta nell’estremo nord (Hokkaido) senza rapporti con il clan familiare (1986).
Oltre che con l’estasblishement politico, egli ha legami con quello economico: sua madre Kazuko, figlia del fondatore della multinazionale Bridgestone Corporation, è soprannominata “la madrina” perché ha offerto a Yukio miliardi di yen quando questi ha deciso di fondare il Partito Democratico (Dpj) nel 1996, non per ambizione di potere, ma per rinnovare la politica giapponese a favore del popolo.
L’ultimo Hatoyama, che come il nonno è cristiano (battista), ha così deciso di far emergere la corrente del fiume democratico riprendendo l’impegno che il nonno Ichiro non era riuscito a realizzare.
La filosofia politica del nuovo premier
Nel mese di settembre un articolo di Hatoyama pubblicato su mensile giapponese Voice ha scatenato controversie negli Stati Uniti perché sembrava favorire la tendenza all’antiglobalizzazione. Nel pezzo, pubblicato in parte sul sito del New York Times , Hatoyama scrive: “ A me sembra che come risultato del fallimento della guerra in Irak e della crisi finanziaria, l’era del globalismo guidato dagli Stati Uniti stia arrivando alla fine e noi stiamo passando da un mondo unipolare, guidato dagli Stati Uniti, verso l’era della multipolarità”.
Per sbarrare la strada a interpretazioni equivoche l’agenzia giapponese Kyodo News ha pubblicato una traduzione inglese del testo integrale intitolato “My political Philosophy”.
Come parola–chiave della sua dottrina Hatoyama usa quella coniata dal nonno Ichiro: Yuai che egli, per la stampa straniera traduce con il termine inglese “fraternity”, precisando, però, che con Yuai non intende alludere “a qualcosa di tenero, ma piuttosto a un concetto forte e combattivo, cioè una bandiera di rivoluzione”. Il termina “fraternity” fa pensare allo slogan della rivoluzione francese: “libertà, uguaglianza, fraternità. Ma , in realtà, nel contesto in cui scriviamo, l’idea e il termine derivano direttamente dalle opere del conte Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergie, il profeta dell’europeismo, che, all’inizio degli anni ’50, Ichiro Hatoyama, il nonno, aveva studiato e tradotto. Nel 1953 in una dichiarazione ai membri del Dlp da lui fondato aveva scritto; “Sotto la bandiera del liberalismo, noi ci dedicheremo a una fraterna rivoluzione, evitando le ideologie estreme della sinistra e della destra, e lavorando con determinazione per realizzare una sana e vibrante società democratica e costruire una nazione culturale libera e indipendente”
Forse il nonno Hatoyama ha studiato con particolare passione le opere di Richard Coudenhove-Kalergi, perché questi è nato a Tokyo, figlio di un diplomatico austro-ungherese e di una giapponese, Mitsuko Aoyama (1874-1941), discendente di una famiglia di samurai. Richard, cattolico, dal 1908 al 1913 ha studiato al Theresianum di Vienna, il collegio più rinomato dell’impero austro-ungarico.
Lo Stato a servizio della persona
Anche con questi precedenti si spiega il fatto che la filosofia politica dell’attuale primo ministro echeggia la dottrina sociale cristiana, di recente rielaborata dall’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI.
I cardini del suo pensiero sono: La dignità della persona umana è prioritaria, sia a livello individuale che sociale: famiglia, gruppi ecc.. “L’uomo è fine e non mezzo. Lo stato è mezzo e non fine”. “La libertà senza fraternità conduce all’anarchia. E l’eguaglianza senza fraternità conduce alla tirannia”.
Per Hatoyama il trinomio francese “libertà, uguaglianza e fraternità, ha consistenza solo se i concetti di “libertà” e “uguaglianza” si articolano sul perno della “fraternità”
La trappola di un’insidia storica
La revisione del trattato di sicurezza tra il Giappone e gli Stati Uniti del 1960 si è rivelato un avvenimento ambivalente. Da quell’anno, osserva Hatoyama, “il partito liberal-democratico ha significativamente cambiato direzione perché ha dato priorità alla politica di conciliazione tra imprese e lavoro”: in altre parole, ha favorito il valore economico.
In questa situazione “l’Ldp - riconosce Hatoyama - ha tenuto a bada le forze del socialismo estremo all’interno e all’estero dedicandosi alla ricostruzione del Giappone e a un’ impressionante crescita economica. Realtà degne di essere ricordate nella storia. Ma se l’economia diventa fine, la gente diventa mezzo”.
Con la fine della guerra fredda, al Giappone si è presentata la sfida di rinnovare la politica a favore delle persone sia all’interno che all’estero. Il partito di governo non l’ha saputo accettare perché era caduto in una malattia mortale: l’inerzia.
Il Giappone che anche grazie all’Ldp si era liberato dal fondamentalismo di stato e si era difeso dal fondamentalismo delle ideologie di sinistra, si era intrappolato in quello che l’attuale premier giapponese chiama il fondamentalismo di mercato diretto dagli Stati Uniti.
E così, paradossalmente, Yukio Hatoyama è uscito dall’Ldp, il partito fondato dal nonno, e ne ha fondato uno nuovo, proprio per essere fedele agli ideali democratici del nonno. Il popolo l’ha premiato con la schiacciante vittoria elettorale del 30 agosto.