La stampa araba si divide sul voto irakeno
"Segno di unità nazionale" o " preludio a nuove violenze": dal Kuwait all'Egitto commenti al referendum di sabato. Il governo annuncia elezioni generali per il 15 dicembre.
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) Importante passo sul cammino della ricostruzione o motivo di ulteriori violenze e divisioni, che le forze di coalizione hanno forzatamente cercato di appianare. Tra queste due interpretazioni è divisa la stampa araba nel commentare il voto del 15 ottobre, quando 10 milioni di irakeni si sono espressi sulla nuova Costituzione.
Ahmed Al-Jarallah, direttore dell'Arab Times quotidiano inglese del Kuwait ha scritto che gli irakeni hanno ottenuto una vittoria votando la Costituzione nonostante il trentennio di dittatura di Saddam, i due ani di violenze degli "insorti" e l'interferenza di Siria e Iran dopo l'invasione americana. "I terroristi hanno perso la loro ultima battaglia contro il popolo dell'Iraq".
Sul Khaleej Times, negli Emirati Arabi Uniti, l'editorialista Mohammed A. R. Galadari ha scritto che il voto di sabato dimostra che gli scettici, soprattutto tra i media, sbagliavano; l'affluenza sottolinea, infatti, l'unità del Paese e la crescita del processo democratico. "I mezzi di informazione si legge nell'articolo prospettavano in Iraq uno scenario da guerra civile, ma gli irakeni non ci sono caduti e il referendum si è svolto in modo pacifico". "Per come sono andate le cose (sabato) continua Galadari c'è speranza che l'Iraq ha buoni giorni davanti".
Ma non tutta la stampa è d'accordo. L'Egyptian Gazzette in lingua inglese predice maggiori divisioni religiose e quindi ulteriore caos per il Paese. "Nessuno sa se gli irakeni approveranno la loro Costituzione - dice un editoriale - l'unica cosa certa è che se anche la controversa Carta passerà non metterà fine al sanguinoso dilemma del Paese". Il riferimento è alla "manipolazione del sentimento religioso" verificatasi a pochi gironi dal voto (accordo tra sunniti e governo sulla Costituzione): "Essa non è di buon auspicio e può gettare l'Iraq in un vortice continuo di sedizione".
Un altro quotidiano degli Emirati arabi, Gulf Today, condanna le forze di coalizione, con in testa Usa e Inghilterra, per l'affrettato approccio alle divisioni interne al Paese: secondo il giornale il tentativo forzato di appianare i dissidi tra curdi, sciiti e sunniti fa parte della "strategia di uscita" dall'Iraq.
È cauto Shamlan al-Issa, professore di scienze politiche alla Kuwait University: la Costituzione verrà approvata, ma le violenze non finiranno presto. In un suo editoriale sul quotidiano al-Siyassah, il professore si chiede se "l'Iraq è preparato a esprime disaccordo sul risultato del referendum senza usare attacchi terroristici o kamikaze, che finora hanno ucciso civili innocenti in mercati e moschee?".
I risultati definitivi del referendum di sabato sono attesi per il 24 ottobre. La Costituzione passerà se avranno votato a favore la maggioranza degli elettori; sarà bocciata se due terzi degli elettori in almeno 3 delle 18 province avrà detto "No". Ad ogni modo oggi il governo ha reso noto che il 15 dicembre si terranno le elezioni generali, qualunque sia il risultato del voto. Un portavoce di Talabani ha specificato ''sia che passi il sì sia che vinca il no avremo delle elezioni in quella data o per un parlamento permanente che resterà in carica 4 anni o per una nuova Assemblea provvisoria che resterà in carica un anno" e redigerà la nuova Carta.