La solidarietà dei cattolici indonesiani per le vittime del terremoto nel West Java
di Mathias Hariyadi
La Chiesa locale ha avviato raccolte di cibo, donazioni e generi di prima necessità per le popolazioni colpite dal sisma. Il bilancio delle vittime è di 70 morti e circa 700 feriti, almeno 5400 gli sfollati. La gara di solidarietà promossa tramite mail e sul social network Facebook.
Jakarta (AsiaNews) – I cattolici indonesiani hanno lanciato una gara di solidarietà in aiuto delle vittime del terremoto. Generi di prima necessità, tende, oggetti per la casa e piccole somme di denaro: moltissimi hanno aderito all’iniziativa promossa, tra l’altro, mediante un fitto scambio di e-mail e una pagina su Facebook.
Il primo settembre un sisma di magnitudo 7,3 della scala Richter ha colpito Tasikmalaya, nella provincia di West Java, circa 300 chilometri a sud-est di Jakarta. Il bilancio aggiornato è di 70 morti, 966 feriti, 32 persone tuttora disperse e circa 5400 rifugiati, le cui case nelle reggenze di Tasikmalaya, Cianjur e Ciamis sono andate distrutte. Sono circa 7mila gli edifici crollati a causa del terremoto.
Fin dalle prime ore la Chiesa indonesiana si era attivata per portare i primi soccorsi; ora è scattata una vera e propria gara all’insegna della solidarietà fra i fedeli del Paese. Mons. Johannes Pujasumarta, vescovo di Bandung, capitale di West Java, è tra i primi ad aver spronato presuli e fedeli a “fare qualcosa di buono” in questo momento “di sofferenza”. Egli ha invitato gli ex-seminaristi ad avviare “raccolte fondi in denaro e beni di prima necessità” per i rifugiati. Un’iniziativa circolata per e-mail e nella pagina di Faceboook dedicata al prelato indonesiano.
All’appello hanno risposto “con entusiasmo” non solo i fedeli della diocesi, ma gran parte dei cattolici in tutta l’Indonesia. Ogni parrocchia delle diocesi di Jakarta e Lampung ha promosso collette di denaro, vestiti, cibi a lunga conservazione e utensili.
Padre Agus Nindia Nikolas Pr, parroco della chiesa di Maria Immacolata a Garut, racconta dello shock delle vittime: “Arrivati nella nostra clinica – racconta il sacerdote – dicevano di avvertire un dolore alla testa, ma il loro dito indicava automaticamente lo stomaco… non sono invenzioni, qualcosa di serio deve essere successo nella loro mente, una sindrome post-stress”. Il centro medico cattolico Perdhaki, con base a Jakarta, ha offerto il proprio contributo “a persone che vivono in zone remote, che nessun altro è interessato ad aiutare”.
Padre Riana Prabdi, vicario generale dell’arcidiocesi di Semarang, ha inviato un team nella zona; alcuni studenti dell’università cattolica di Parahyangan, a Bandung, hanno inviato un gruppo di ragazzi della facoltà di architettura per una prima ricostruzione delle case; sacerdoti del Sacro Cuore si sono uniti all’iniziativa. “Fare qualcosa di buono per gli altri – conclude padre Nikolas – rende la nostra vita più felice e luminosa”.
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