L'ex ministro degli esteri sostiene di avere in mano il Paese. Si ignora dove sia il presidente deposto: fuggito all'estero o nel sud a riorganizzare le sue forze. La miseria di un popolo sfruttato dai suoi leader.
Bishkek (AsiaNews) – “La Rivoluzione dei tulipani (che nel 2005 aveva portato alla presidenza del Kirghizistan al contestato Kurmanbek Bakiyev, ndr) era incompleta, da finire”. È uno dei commenti che si leggono su siti internet kirghizi che hanno seguito i due giorni di violente proteste nella repubblica ex sovietica, che hanno fatto almeno 40 morti e portato al rovesciamento di Bakiyev. Il governo provvisorio, guidato da Roza Otunbayeva - leader della rivolta di cinque anni fa, ex ministro degli Esteri, poi passata all'opposizione - sostiene di avere il pieno controllo politico del Paese e promette “elezioni democratiche entro sei mesi”. Per le strade, però, regna ancora il caos, mentre ancora non si conoscono i piani del deposto presidente. C'è chi sostiene sia fuggito oltre confine, chi lo ritiene al sud, (sua roccaforte elettorale) a raccogliere le forze per nulla intenzionato a mollare la poltrona.
Ad ogni modo il Kirghizistan, tra i più poveri Stati dell'Asia centrale, si prepara ad affrontare un periodo di forte instabilità, a cui guardano con preoccupazione superpotenze come Usa (che nel Paese ha una base militare), Russia e Cina, entrambe con forti interessi sia economici che strategici.
Una rivoluzione da finire...
La gente si è accorta che i moti di cinque anni fa hanno solo sostituito un presidente corrotto (Akaev) con uno simile in tutto e per tutto (Bakiyev appunto). Come spiega l'attivista Duishonkul Chotonov, “i leader della Rivoluzione dei tulipani, non hanno combattuto per riforme democratiche, ma solo per un posto nelle stanze del potere”. Appena salito alla presidenza Bakiev ha iniziato a promuovere membri della sua famiglia a cariche importanti. Ha fatto scalpore la creazione di una “Agenzia Centrale” guidata dal figlio 32enne, Maxim, a cui ha affidato il totale controllo del settore economico, lasciando il premier e il governo privi di ogni potere. Le riforme promesse si sono trasformate in pochi anni nelle solite forme di persecuzione politica e repressione delle libertà civili. Insomma, un'altra dittatura.
Crisi economica
Ma gli ultimi cinque anni hanno visto anche un peggioramento della situazione economica, con povertà e disoccupazione crescenti. Così è bastato il recente aumento delle tariffe per acqua, elettricità e telefonia mobile (anche questi, settori sotto la proprietà della famiglia Bakiyev) per trasformare in aggressività il malcontento dell'opinione pubblica sull'amministrazione Bakiev, che ha sempre fatto orecchie da mercante alle richieste pacifiche della popolazione.
Regionalismo
Il governo provvisorio, che ancora deve eleggere i suoi membri, ora ha davanti a sé grosse sfide, prima tra tutte quella di compattare il Paese, da sempre diviso in un regionalismo che vede contrapposto il nord al sud. Sebbene Bakiyev abbia perso consensi nelle regioni settentrionali, il timore è che ora possa riorganizzare i suoi sostenitori nel sud, sua terra di origine, ed esacerbare i contrasti per riconquistare il potere. Finché rimarrà sul territorio kirghizo, il presidente deposto rappresenterà una minaccia seria per il neonato governo e per la stabilità del Paese.