La rivolta di Teheran nel giorno dell’Ashura: almeno 15 uccisi
Cinque appartengono alle forze di sicurezza; dieci ai manifestanti dell’opposizione. Fra essi un nipote di Moussavi. Rivolte in molte altre città del Paese. La gente è ormai disposta a tutto e sfida gli spari e i manganelli per andare contro la dittatura e il regime di Khamenei. Ma l’Onda verde è senza leader, che appaiono timorosi. Oggi si attendono nuove manifestazioni e scontri.
Teheran (AsiaNews) – Oltre 15 persone sono state uccise nelle rivolte che hanno insanguinato ieri Teheran. Ma vi sono stati scontri in tutto il Paese e oggi si attendono nuove violenze. Fra le vittime di ieri vi è pure il nipote di uno dei leader dell’opposizione, Mir Hossein Moussavi.
Il ministero dell’Informazione ha annunciato che più di 10 membri dei “gruppi terroristi anti-rivoluzionari” [gli oppositori di Ahmadinejad] sono stati uccisi”. Ad essi vanno aggiunti cinque vittime dei “gruppi terroristi” [sempre gli stessi oppositori].
Un nipote di Mir Hossein Moussavi, leader dell’opposizione, è fra gli uccisi negli scontri di ieri, fra i più sanguinosi dalle manifestazioni di giugno, iniziate per contestare le elezioni truffa con cui era stato rieletto Mahmoud Ahmadinejad.
Il capo della polizia lo aveva annunciato la settimana scorsa: “Smettete di protestare, altrimenti le reazioni saranno durissime”. La gente, però, non si è fatta intimorire e così è stato un fine settimana di sangue a Teheran e di scontri durissimi in tutto l’Iran.
Manifestazioni e guerriglia ieri hanno preso il posto delle celebrazioni religiose per la Ashura, tra le festività più importanti del calendario sciita (commemora il martirio dell'Imam Hussein, nipote del profeta Maometto, ucciso a Kerbala, nel 680 d.C) ed è come il simbolo dello sciismo che combatte contro la cieca dittatura.
Per il secondo giorno consecutivo l'opposizione è scesa in piazza e anche per oggi si aspettano nuove manifestazioni. Gli agenti dei basij, dei pasdaran e delle forze speciali, tutti in tenuta antisommossa, sono intervenuti con i gas lacrimogeni e con spari per disperdere la folla che scandiva slogan contro la Guida suprema, il grande ayatollah Alì Khamenei.
“Teheran è piena di sangue e fuoco – ha raccontato ieri un testimone – le zone calde sono via Hafez, Vali-Asr e piazza Enghelab. Quando il colpo di pistola ha raggiunto uno dei manifestanti la gente si è scagliata contro gli agenti, ha strappato loro di dosso le uniformi e si è impossessata delle loro armi”. I manifestanti hanno poi iniziato a dare fuoco alle volanti delle forze di sicurezza parcheggiate lungo la strada.
Ma non è solo Teheran a vivere una situazione esplosiva: Shiraz, Esfahan, Ahwaz, Shar-e-Kurd, Neishabour, Touiserkan, Mahshahr, Yasuj, Gachsaran, Omidieh. Anche qui le forze di sicurezza sono in massima allerta, ma la popolazione ormai sembra convinta ad andare avanti fino alla caduta del regime dei mullah. “Si è rotto lo stato di terrore che è regnato per 30 anni nel Paese e ora la gente appena succede qualcosa non teme di scendere in piazza e gridare chiaramente ‘Morte al dittatore, morte a Khamenei’”, spiegano analisti iraniani. “Sembrano gli ultimi giorni dello scià – raccontano alcuni iraniani residenti all’estero – tutto finì quando la gente iniziò ad attaccare i commissariati, le caserme e a prendere le armi. I soldati uscivano a mani alzate, ormai arresi alla forza del popolo. Se arriveremo ad assistere a queste scene anche ora, sarà davvero l’inizio della fine di Khamenei e del regime islamico”.
Il governo dei mullah è nervoso e i responsabili della sicurezza fortemente preoccupati. Fonti interne all’Iran spiegano che il ricorso alle armi da fuoco ne è la dimostrazione. Subito dopo l’uccisione della giovane Neda, questa estate, le autorità avevano imposto l’uso esclusivo di manganelli, motociclette e lacrimogeni per reprimere l’opposizione, convinte che il ricorso alle pistole portasse solo la gente a chiedere di essere armata. I fatti di ieri, quindi, fanno pensare a un’inversione di rotta verso posizioni sempre più estreme.
Ma se da una parte il regime si sente stretto in un angolo, dall’altra anche l’Onda verde ha i suoi problemi da affrontare. Il movimento riformista oggi è orfano dei suoi leader. La gente grida “Mir Moussavi aiutami”, ma sia lui che l’altro ex candidato alle presidenziali Karroubi sono ridotti al silenzio: controllati dalle forze di sicurezza, ma anche incapaci di portare avanti una rivolta che li ha visti protagonisti quasi involontari. In questi giorni entrambi non sono scesi in piazza, né hanno diffuso comunicati. L’altro leader riformista, l’ex presidente Khatami, ha fatto un’apparizione sabato per tenere un discorso pubblico a Teheran ma all’arrivo dei basij si è dato alla fuga.
Ma stamane un sito dell’opposizione ha diramato una dichiarazione di Mehdi Karroubi, in cui egli si domanda: “Cosa è successo a questo sistema religioso che ordina l’uccisione di gente innocente durante il sacro giorno dell’Ashura? Perché un simile giorno santo non è rispettato dai governanti?”.
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