08/07/2008, 00.00
ASIA
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La rapida crescita dell’Asia minacciata dall’inflazione

Inflazione alle stelle e in aumento, prezzi di energia e alimenti senza limiti. La crisi economia asiatica induce a cercare nuovi modelli di sviluppo. E a rivalutare anzitutto l’agricoltura.

Singapore (AsiaNews/Agenzie) – Si aggrava la crisi dell’economia asiatica, con la rapida crescita dell’inflazione e le valute che perdono valore. Il timore è che questo disincentivi gli investimenti esteri e induca a politiche protezioniste, rallentando l’economia.

In India tra il 15 e il 21 giugno l’inflazione è stata dell’11,63%, la massima da oltre 13 anni e superiore persino alla crescita economica. E’ triplicata in soli 7 mesi e si prevede sia stata anche peggiore nelle settimane successive, anche per lo sciopero di oltre 4 milioni di trasportatori di inizio luglio. Carburante ed elettricità sono cresciuti del 16,2% e gli alimenti del 14,6%. New Delhi risponde in modo protezionista: il 3 luglio, ad esempio,  ha proibito l’esportazione di granturco, dopo aver già ristretta quela per riso, grano, olio vegetale, contenendo i prezzi interni ma aggravando la crisi alimentare mondiale.

Nelle Filippine a giugno i prezzi sono saliti dell’11,4%, record da 14 anni, ma alimenti, bevande e tabacco sono cresciuti del 16,5%.

In Cina l’inflazione è salita all’8% e a Singapore, Thailandia e Hong Kong non molto meno.

Gli esperti prevedono che cresca ancora, anzitutto per l’escalation mondiale di petrolio, materie prime e metalli, ma soprattutto alimenti: in Asia i prezzi di grano e granturco sono raddoppiati dall’inizio del 2007, il riso e l’olio di palma e di soia sono triplicati, i fertilizzanti hanno avuto aumenti fino al 400%. Gli aumenti degli alimenti sono ancora più gravi in Paesi che stanno uscendo dalla fame e della povertà, nei quali la spesa per il cibo è percentualmente molto maggiore (tra il 30 e il 40% in Cina, India, Indonesia, che insieme fanno oltre 2,6 miliardi di anime) che nei Paesi ricchi (circa il 15% in media, compresi i costi per il ristorante e servizi connessi come la pubblicità). I previsti aumenti di petrolio ed energia e il maggior benessere di molti Paesi (con crescita anzitutto dei consumi alimentari) fanno prevedere ulteriori aumenti dei prezzi alimentari, spinti pure dalla politica protezionista di molti Stati (che vietano l’esportazione di alimenti per contenerne il prezzo interno) e dalla diminuzione di derrate per la destinazione di terreni a industrie, città, biocarburante. Anche considerati tempi non immediati necessari per incrementare la produzione agricola.

Analisti prevedono pure che le valute si indeboliranno. Dall’inizio dell’anno il won sudcoreano ha già perso il 10,6% sul pur debole dollaro Usa e la rupia indiana l’8,7%. Ma Peter Redward, dirigente della Barclays Capital Inc., dice che  nei prossimi 6 mesi il won potrà perdere anche un altro 13% e la rupia il 6%, come pure si deprezzerà il peso filippino.

Il timore è che la crescita dei prezzi innesti maggiori sussidi statali togliendo fondi ad altri servizi essenziali e che causi aumenti salariali con il rischio di ricadute sui prezzi. Ci si interroga sul futuro modello di sviluppo dei Paesi asiatici, mentre si riscopre l’agricoltura come attività essenziale.

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