La preghiera islamica in strada e lo Stato di diritto
Milano (AsiaNews) - Ho letto una notizia che mi ha fatto sobbalzare. La scena è a Milano, in mezzo alla Galleria Vittorio Emanuele, mercoledi 17 marzo alle 17:00. Un gruppo di 7 persone si ferma davanti al negozio di argenteria di Giorgio Bernasconi. Tolgono le scarpe e le giacche, le stendono a terra e vi si inginocchiano. Uno di loro fa l’imam e guida il gruppo, che inizia la preghiera del ‘asr. Il proprietario del negozio chiede loro di allontanarsi dalla sua vetrina. Niente. Il proprietario chiama i vigili, i quali rispondono “che stavano pregando e non potevano fare niente".
Bernasconi spiega : “Nel salotto di Milano, ogni tipo di manifestazione deve essere autorizzata. Ci sono i vigili che segnalano persino quando un artista appoggia un treppiede su un mosaico e se qualcuno si azzarda ad andare in bicicletta, scatta la multa. E invece a loro non hanno fatto nulla, non hanno nemmeno controllato i documenti”. I musulmani hanno spiegato che “quando arriva il momento della preghiera, in qualsiasi luogo si trovino, si inginocchiano e iniziano la loro liturgia”.
Non è certo la prima volta che succede una tale scena. A viale Jenner è uno spettacolo abituale, come in tanti quartiere di tutte le città d’Europa. E’ ovvio che, in questo caso almeno, l’azione è stata pianificata e organizzata per dare una “testimonianza” ai “miscredenti” (kuffâr) d’Occidente!
E’ un atto di propaganda religiosa ben studiato!
Ma lo scandalo non è tanto l’atteggiamento degli oranti. E’ la reazione dei vigili e della città. La strada appartiene a tutti, e nessuno ha diritto di monopolizzarla, fosse per un quarto d’ora, senza autorizzazione. Non importa il motivo : processione del Santissimo o preghiera, manifestazione politica, sociale, sportiva o altro. La strada appartiene a tutti e non puo’ essere monopolizzata da chiunque senza previa autorizzazione.
Al di là del fatto stesso c’è una questione di principio. La legge è al di sopra di tutto e di tutti, anche al di sopra della religione. In questo caso, non è certo un obbligo per il musulmano di fare la preghiera immediatamente e per strada. La stragrande maggioranza dei musulmani osservanti, nei Paesi musulmani, aspettano di essere tornati a casa per fare la preghiera. Inoltre, la sharia islamica autorizza il fedele a cumulare due preghiere quando la necessità lo richiede. Dunque non si puo’ nemmeno accampare l’obbligo religioso per giustificarte tale comportamento. E comunque non sarebbe neppure una giustificazione ! E’ puramente un atto propagandistico e di proselitismo.
Il problema è doppio. D’una parte, il musulmano tende spesso a pensare che la religione è al di sopra della legge e delle norme civili. E ciò perché il concetto di laicità è quasi inesistente nei Paesi musulmani, nonostante le teorie di qualche "orientalista" che pretende che l’islam, non avendo clero come il cristianesimo, è una religione laica; ma tutti sanno nei nostri Paesi che il clericalismo islamico supera di molto quello cristiano, anche del cristianesimo ortodosso! Nella mentalità comune, la "Legge divina" (ma è divina per chi?) supera la legge umana. Inoltre, la propaganda islamica, la Da’wah, è un obbligo religioso: ogni musulmano è tenuto a proclamare la professione di fede alla faccia degli empi, e d’invitarli all’islam, unica vera fede.
D’altra parte, l’Homo Europaeus è diventato perplesso e dubita di se stesso. Talvolta si comporta con arroganza di fronte agli altri, e talvolta tace e si lascia soverchiare davanti agli altri come se si sentisse colpevole e avesse bisogno di perdono. Eppure l’Europa, malgrado tutti i suoi difetti (sopratutto il suo vuoto spirituale) può essere fiera del suo sistema socio-politico. L’errore è di rinunciare ad applicarlo in nome di una falsa multiculturalità. Le norme del Paese, qualunque sia, valgono per tutti. Anche se fossero sbagliate, valgono finchè non sono sostituite da altre norme dall’autorità legittima. Ogni concessione è un passo indietro per tutti.
Speriamo che quel piccolo incidente non si ripeterà più, perché ognuno capisca ciò che significa uno Stato di diritto.