La popolazione di Tripoli ha paura delle bombe. Il no di Gheddafi al dialogo
Mons. Martinelli sottolinea il diffondersi nella capitale di una “fobia” per i bombardamenti. Chi abita vicino a possibili obiettivi Nato fugge. Marcia indietro dell’Italia sulla possibilità di un cessate il fuoco.
Tripoli (AsiaNews) – “Dopo le morti civili ammesse dalla Nato, la popolazione di Tripoli ha paura delle bombe. Chi abita vicino a possibili obiettivi militari fugge in altre zone della città”. Lo racconta ad AsiaNews mons. Giovanni Martinelli, Vicario apostolico di Tripoli, che sottolinea il diffondersi fra gli abitanti della capitale di una “fobia per le bombe”.
“La gente vuole la fine di questa guerra – afferma il prelato - In questi giorni molti mi hanno chiesto di poter scrivere alla Nato per trovare una soluzione diversa dai bombardamenti”. Secondo mons. Martinelli senza una soluzione diplomatica la guerra rischia di protrarsi per molti mesi.
Dopo le tenui aperture dei giorni scorsi, si allontana sempre di più la possibilità di un dialogo fra regime, Nato e ribelli. Ieri notte, Gheddafi, cavalcando l’onda dei civili uccisi dalla Nato, ha ribadito il suo “no” a lasciare il potere, annunciando che “non vi può essere nessuno accordo con chi uccide i nostri figli”.
Il rischio di una chiusura totale del regime di Tripoli e di un aumento delle ostilità dopo gli errori Nato ha spinto alcuni partner dell’Alleanza ha interrogarsi sulla tattica impiegata finora contro il rais. Ieri, Franco Frattini, ministro degli Esteri italiano, ha chiesto l’apertura di un corridoio umanitario per soccorrere la popolazione bombardata. Nonostante l’iniziale richiesta per un cessate il fuoco, Frattini ha subito ribadito l’impegno dell’Italia nel continuare le pressioni su Gheddafi. Ciò per frenare le critiche di Francia e Gran Bretagna, quest’ultima alle prese con forti divisioni interne per gli alti costi della missione, che solo per il Regno Unito ammontano a 281 milioni di euro.
Intanto, dopo le dure critiche alla missione in Libia, anche la Cina abbandona Gheddafi e riconosce il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) come unico interlocutore per il popolo libico. (S.C.)
“La gente vuole la fine di questa guerra – afferma il prelato - In questi giorni molti mi hanno chiesto di poter scrivere alla Nato per trovare una soluzione diversa dai bombardamenti”. Secondo mons. Martinelli senza una soluzione diplomatica la guerra rischia di protrarsi per molti mesi.
Dopo le tenui aperture dei giorni scorsi, si allontana sempre di più la possibilità di un dialogo fra regime, Nato e ribelli. Ieri notte, Gheddafi, cavalcando l’onda dei civili uccisi dalla Nato, ha ribadito il suo “no” a lasciare il potere, annunciando che “non vi può essere nessuno accordo con chi uccide i nostri figli”.
Il rischio di una chiusura totale del regime di Tripoli e di un aumento delle ostilità dopo gli errori Nato ha spinto alcuni partner dell’Alleanza ha interrogarsi sulla tattica impiegata finora contro il rais. Ieri, Franco Frattini, ministro degli Esteri italiano, ha chiesto l’apertura di un corridoio umanitario per soccorrere la popolazione bombardata. Nonostante l’iniziale richiesta per un cessate il fuoco, Frattini ha subito ribadito l’impegno dell’Italia nel continuare le pressioni su Gheddafi. Ciò per frenare le critiche di Francia e Gran Bretagna, quest’ultima alle prese con forti divisioni interne per gli alti costi della missione, che solo per il Regno Unito ammontano a 281 milioni di euro.
Intanto, dopo le dure critiche alla missione in Libia, anche la Cina abbandona Gheddafi e riconosce il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) come unico interlocutore per il popolo libico. (S.C.)
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