La piaga di Bophal è ancora viva dopo 25 anni
di Nirmala Carvalho
Nella notte tra il 2 ed il 3 dicembre del 1984 una fuga di gas dagli stabilimenti della Union Carbide uccise 20mila persone. La popolazione della città del Madhya Pradesh attende giustizia. Ancora oggi, ogni giorno, arrivano negli ospedali di Bophal 6mila persone con problemi respiratori, motori e celebrali legati alla tragedia.
Mumbai (AsiaNews) - Centinaia di persone hanno partecipato oggi alla marcia di protesta in memoria delle vittime del disastro di Bophal, nello Stato del Madhya Pradesh, del 1984.
Nella notte tra il 2 ed 3 dicembre di 25 anni fa una fuga di 40 tonnellate di isocianato di metile dallo stabilimento di pesticidi della multinazionale statunitense Union Carbide invase la città indiana. In poche ore morirono circa 3mila persone che avevano inalato il gas e nei giorni successivi il numero delle vittime salì sino ad arrivare a 20mila.
Ancora oggi non sono certi i dati sul più grave disastro industriale della storia: le stime sul numero di avvelenamenti causati dal gas tossico parlano di almeno 150mila persone, i disabili permanenti sarebbero circa 150 mila. Ciò che è certo è che nel 2006 la contaminazione era ancora attiva e che tutt’ora negli ospedali di Bophal si presentano ogni giorno 6mila persone con problemi respiratori, motori e celebrali legati alla tragedia del 3 dicembre 1984.
A 25 anni dai fatti, i sopravvissuti aspettano ancora giustizia. Nel 1989 la Union Carbide ha pagato una multa di 470milioni di dollari al governo indiano lasciando al governo del Madhya Pradesh di bonificare la zona. Babulal Gaur, ministro dello Stato afferma che l’area non è più contaminata, ma cancri, malattie della pelle, deficit respiratori, malformazioni dei neonati sono ancora all’ordine del giorno tra la popolazione di Bophal.
Lenin Raghuvanshi, direttore del Peoples' Vigilance Committee on Human Rights (Pvchr) dice ad AsiaNews che “oggi è l’anniversario di 25 anni di giustizia negata a Bophal”. Ricorda che la popolazione porta ancora i segni della “notte di terrore” del 1984 di cui ancora oggi continuano ad emergere particolari e conseguenze.
A 25 anni di distanza le donne, vittime spesso sconosciute della contaminazione, iniziano a raccontare le loro vicende. “Molte di loro non sono mai uscite dalle mura di casa fino ad ora”, dice Lenin “ e solo adesso raccontano i loro problemi alla stampa e si presentano alle autorità ”.
Il direttore di Pvchr lamenta la faziosità delle indagini svolte e afferma che nonostante il tragico esempio di Bophal ancora oggi “è raro trovare rapporti sulle zone a rischio contaminazione che verifichino davvero il rispetto delle norme”. Secondo Raghuvanshi l’India è un Paese in cui “la violazione della legge si è raffinata sino a diventare un’arte”.
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