La persecuzione contro la famiglia di Chen Guangcheng “sta peggiorando”
Pechino (AsiaNews) - La fuga di Chen Guangcheng ha scatenato la persecuzione contro la sua famiglia. A un anno dalla rocambolesca evasione del dissidente cieco dagli arresti domiciliari, infatti, il governo di Pechino continua a tenere sotto pressione i suoi familiari: il nipote Chen Kegui è in carcere, mentre la casa di famiglia subisce continui attacchi e provocazioni da "anonimi" che lanciano animali morti e pietre contro le finestre.
Noto per le sue battaglie contro gli aborti forzati e le sterilizzazioni nella provincia dello Shandong, Chen Guangcheng è divenuto un emblema della lotta per i diritti umani in Cina. Cieco dalla nascita, ha passato 4 anni in carcere per aver denunciato gli abusi delle autorità incaricate di applicare la legge sul figlio unico nel Paese.
Fuggito il 18 aprile 2012, dopo uno spericolato viaggio a Pechino, Chen si è rifugiato nell'ambasciata americana. In seguito a minacce di ritorsioni contro la sua famiglia, egli ha accettato di uscire dall'ambasciata e farsi ricoverare in ospedale per curare un piede, ferito durante la fuga. Raggiunto dalla moglie e dai due figli, ha saputo da loro delle minacce subite in quei giorni e ha chiesto di poter almeno andare negli Stati Uniti per un certo tempo.
La soluzione è stata trovata dallo stesso governo cinese: Chen - dichiarava una nota del ministero degli esteri - può domandare di andare all'estero a studiare "come tutti i cittadini cinesi". Nell'accordo trovato fra Washington e Pechino, dice lo stesso dissidente, era prevista la fine delle persecuzioni contro i familiari rimasti nel villaggio di Dongshigu, nello Shandong. Tuttavia questa clausola non è stata rispettata.
Chen Guangfu, fratello dell'attivista, racconta: "Ci minacciano e perseguitano sin dal 18 aprile scorso. Degli 'sconosciuti' vicini al governo hanno impiccato galline e anatre morte nel nostro cortile, e hanno attaccato manifesti diffamatori e minacciosi contro noi e contro Chen. La notte del 21 aprile ci hanno lanciato delle pietre, sfasciando le finestre. Il 22 aprile nostra madre è uscita per andare al mercato e ha visto che per strada avevano distribuito dei volantini contro di noi".
Oltre a questi fatti sono state registrate altre minacce contro la moglie Ren Zongju e contro alcuni nipoti. Uno di loro, Chen Kegui, è stato condannato a 39 mesi di carcere per aver minacciato - durante la fuga dello zio - un funzionario comunista: in realtà il giovane stava difendendo la sua casa da uno sconosciuto che non si era identificato.
Nei manifesti i due fratelli sono chiamati "traditori del popolo han. Dicono che abbiamo dei collegamenti con i 'diavoli stranieri' e con le forze indipendentiste di Taiwan, che siamo figli degli Stati Uniti e traditori della nostra patria. Credo sia una campagna organizzata per intimarci di non parlare di alcuni particolari di questo caso. Ma ci sta colpendo dal punto di vista psicologico ed economico".
Reggie Littlejohn, presidente di Women's Rights Without Frontiers, dice: "Condanniamo questa persecuzione a opera del governo comunista. Si tratta di un chiaro tentativo di metterli a tacere, dato che Chen Guangcheng è una delle voci più autorevoli nel denunciare le brutalità del governo. Chiediamo al presidente Xi Jinping di fermare queste molestie e al presidente Obama di intervenire a favore dei parenti di Chen rimasti in Cina".