31/10/2008, 00.00
FILIPPINE
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La pace a Mindanao passa attraverso il dialogo fra i giovani

di Santosh Digal
Pluralismo e multiculturalità le vie per favorire il confronto fra i giovani del Paese. Agli educatori il compito di realizzare una “rete di comunicazione” fra gli istituti a carattere interconfessionale. Per un leader del fronte islamico Moro la guerra nella provincia non è un “conflitto fra religioni”.

Davao City (AsiaNews) – Rafforzare il dialogo in materia di fede e promuovere il valore della cultura e dell’istruzione nei centri educativi, siano essi cattolici, protestanti o statali. Sono gli obiettivi del terzo raduno nazionale degli educatori che si è tenuto a Davao City dal 24 al 26 ottobre. All’incontro hanno partecipato preti, suore, laici e studenti responsabili della formazione, in materia di religione, dei giovani nei collegi e nelle università. Durante le giornate di approfondimento, il comitato organizzatore ha ribadito come il dialogo sia il mezzo per promuovere una comprensione reciproca e garantire la pace a Mindanao, provincia nel sud delle Filippine, al centro di un conflitto decennale fra i ribelli islamici e le truppe governative.

“La storia dei conflitti a Mindanao – afferma il comitato – è segnata da differenze culturali, di fede e di credo religioso, le quali rappresentano una sfida costante per la popolazione, desiderosa di costruire una pace stabile e duratura”. “Per curare le ferite del passato e dar vita a un futuro migliore – sottolinea mons. Antonio J Ledesma, arcivescovo di Cagayan de Oro – le università posso assumere un ruolo da protagonista, quali promotori di una cultura della pace”. Durante il convegno si è anche ribadita l’importanza di una “rete di comunicazione e dialogo” fra i vari responsabili della formazione sparsi nel Paese, perché rappresentano il solo modo per costruire delle “comunità di fedeli all’interno dei campus universitari” e metterle in comunicazione fra loro.

Padre Sebastiano D’Ambra, missionario del PIME e fondatore del Silsilah, movimento per il dialogo islamo-cristiano con base a Mindanao, conferma che il “dialogo è più di una ricerca di comprensione reciproca”. Esso consiste nella “mutua testimonianza della fede” e nella “comune scoperta del credo religioso altrui”, fino a diventare “uno stile di vita”. Per questo è importante promuovere “fin da ragazzi” valori che permettano una convivenza pacifica pur nelle differenze personali in tema di fede: Leah Vidal, direttore esecutivo del centro per le iniziative culturali Mindanawon e responsabile dei programmi educativi dell’università di Davao, conferma il “ruolo chiave ricoperto dagli studenti” che durante gli anni della formazione hanno ricevuto una educazione improntata al “pluralismo” e alla “multiculturalità”.

Un invito al dialogo e alla costruzione di “buoni rapporti” fra cristiani e musulmani arriva anche dai leader del Milf, il Fronte islamico Moro: Safrullah Dipatuan, vice-presidente dell’Agenzia per lo sviluppo di Bangsamoro (Bda) – una Ong che promuove iniziative di assistenza e sviluppo vicina al Milf – chiarisce che la guerra a Mindanao non è figlia dello “scontro fra cristiani e musulmani” e cita l’esempio di Lanao del Sur, provincia nella quale le due comunità “coesistono in maniera pacifica”, fatta eccezione per alcuni episodi di sangue, peraltro limitati. “Quelli che vedono Mindanao come un teatro di guerra fra cristiani e musulmani – dice il leader del Milf – non capiscono le vere ragioni alla base della lotta” e conferma la volontà dei leader del fronte ribelle di “riprendere le trattative con il governo per il raggiungimento di un accordo di pace”.

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