La missione tra i tribali Mundari, seguendo le orme di Madre Teresa
Mumbai (AsiaNews) - È nel segno di Madre Teresa, "un esempio ispiratore di fede salda e di ardente carità, una testimone straordinaria del cammino dell'infanzia spirituale e una grande maestra del valore e della dignità di ogni vita umana", che p. Lino Fernandes amministra la missione di Siadih (Jharkhand), costituita per lo più dai tribali Mundari. Oggi si festeggia la memoria liturgica della beata di Calcutta, e per il sacerdote e la sua comunità è una festa doppiamente importante: la parrocchia è intitolata proprio alla fondatrice delle Missionarie della Carità.
P. Fernandes appartiene alla Società dei missionari di S. Francesco Saverio, detta comunemente "Società del Pilar", nata a Goa nel 1887. "Qui a Siadih - sottolinea ad AsiaNews - cerchiamo di seguire le orme della beata Madre Teresa con la popolazione locale, i bambini che frequentano la nostra scuola-ostello e i fedeli che giungono da villaggi lontani". La parrocchia è frequentata da 45 famiglie sparse in 25 villaggi. Dieci di questi villaggi sono distanti anche 15-20km.
Il sacerdote racconta l'attività della missione: "La nostra vita qui è molto semplice. Le giornate iniziano all'alba, perché non abbiamo elettricità, quindi dobbiamo sbrigare le nostre faccende finché c'è luce. L'agricoltura è una parte importante della nostra missione. Abbiamo campi, ma siamo del tutto dipendenti dalle piogge per le coltivazioni. Tuttavia curiamo la nostra produzione usando l'acqua del fiume vicino per irrigare. Di recente abbiamo raccolto circa 8kg di okra [il gombo, una specie di zucchina - ndr], molto amato dai bambini".
Le giornate, confessa il parroco, sono una sfida continua: "Comunicare è molto difficile: oltre all'elettricità non abbiamo mezzi di trasporto. L'unico autobus pubblico passa una volta al giorno, di mattina, e la fermata è a 30km dalla missione. La mia jeep, che è un'altra necessità, si è rotta, quindi è diventato difficile andare al mercato per portare i beni essenziali".
Un'altra grave questione sono le cure mediche, pressoché assenti nella missione. "Dobbiamo allontanarci di almeno 35-40km per trovare un medico. Il convento, che collabora con noi, ha un'infermiera qualificata, ma con la malaria e l'itterizia così diffuse avremmo bisogno di dispensari e servizi sanitari fissi". Per superare le difficoltà quotidiane, p. Fernandes segue l'esempio di Madre Teresa: "Chiediamo la grazia di ascoltare il grido di sete dalla Croce e con gioia amiamo Cristo, nelle vesti addolorate dei più poveri tra i poveri, soprattutto i meno amati e desiderati".
Oltre alla fatica, la vita nella missione regala anche molte soddisfazioni: "Circa 120 ragazzi e ragazze studiano e vivono nella nostra scuola-ostello. I bambini ricevono un'istruzione fino alla scuola media e nel nostro ostello ci prendiamo cura dei piccoli tribali Mundari portando la luce dell'amore, proprio come faceva Madre Teresa. È gratificante saziare la sete bruciante di Gesù servendo con entusiasmo i nostri bambini e quelli dei villaggi più lontani".
Raggiungere questi centri abitati è un'altra sfida: oltre a essere lontani anche 30km, per arrivare bisogna compiere metà percorso in motociclette e metà a piedi. "In questi villaggi vivono appena una o due famiglie cattoliche. Ma la gioia di queste persone, quando le andiamo a trovare, ci incoraggia e rinnova la nostra dedizione".
"Come missionario del Pilar - conclude - è davvero appagante servire questa missione, perché porto con me la testimonianza di due tra i più grandi missionari della Chiesa universale, Madre Teresa e san Francesco Saverio, proprio nell'Anno della fede. Papa Francesco incoraggia ognuno di noi a essere missionario e la sua Lumen fidei ci esorta a essere radicali nella nostra missione".