La migrazione al contrario dalle città verso le campagne cinesi
Dopo il Covid-19 sta crescendo in Cina il fenomeno della "contro-urbanizzazione" con nuove risorse e talenti che dalle città si spostano nelle aree rurali per avviare attività. Con un impatto economico positivo, ma non senza difficoltà nei rapporti tra i "nuovi arrivati" e le comunità autoctone nei villaggi.
Milano (AsiaNews) - Destinazione: campagna. In Cina sono sempre più i residenti urbani che decidono di abbandonare definitivamente la vita frenetica e insalubre delle città per godere delle amenità della vita rurale. Il fenomeno emergente della “contro-urbanizzazione”, in cinese nichengshihua, è un processo in controtendenza rispetto a quanto verificatosi finora nel Paese di Mezzo, complice il benessere economico arrecato alle campagne dalla strategia di rivitalizzazione rurale, che ha contribuito rendere queste ultime dei luoghi più attraenti.
Benché il confluire di nuove risorse e talenti dalle città abbia indubbiamente avuto un impatto positivo sulle campagne cinesi, esso ha dato altresì adito a forti tensioni all’interno della società rurale. Tra i recenti studi che aiutano a far luce su questi aspetti, risulta particolarmente esemplificativo quello condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università delle poste e telecomunicazioni di Nanchino e dell’Università di Nanchino, basato su dati raccolti nella provincia orientale del Jiangsu tra il 2021 e il 2022.
Pubblicata nel gennaio 2024 sulla rivista Humanities&Social Sciences Communications, l’indagine rivela innanzitutto che il fenomeno migratorio interessa cittadini appartenenti alla classe media, di età compresa tra i 38 e i 60 anni e con un profilo culturale medio-alto. Di provenienza eterogenea, la maggior parte ha raggiunto i villaggi rurali del Jiangsu in seguito alla pandemia di Covid-19 per poi stabilirvisi in modo permanente.
Le ragioni che li hanno spinti a trasferirsi in campagna sono molteplici, ma prevale senz’altro il desiderio di fuggire dai ritmi frenetici e alienanti della città per condurre uno stile di vita più equilibrato, salutare, e umanamente più appagante. Tra l’altro, grazie ai progressi nel sistema dei trasporti e all’efficienza dei servizi di delivery, le distanze si sono ridotte e questi migranti all’incontrario possono godersi i vantaggi della vita rurale senza rinunciare del tutto alle comodità delle città e alle loro precedenti abitudini.
Un altro fattore che ha influito in maniera determinante su questa scelta sono le opportunità che la campagna offre di avviare nuove e redditizie attività imprenditoriali. In questo senso, l’intraprendenza dei nuovi migranti è stata agevolata dall’accessibilità dei prezzi degli affitti, che sebbene siano in continuo aumento, restano comunque più bassi rispetto a quelli delle città.
In molti, dunque, hanno considerato allettante investire nel turismo rurale, aprendo ristoranti, caffè, club del benessere e bed & breakfast, che spesso offrono cibo a chilometro zero ed esperienze a contatto con la natura, come la raccolta di frutta e verdura. Si tratta di forme di divertimento sempre più in voga, apprezzate soprattutto da una clientela urbana desiderosa di rilassarsi in campagna per un weekend o di trascorrervi le vacanze.
Portatori di idee innovative e sensibili alle tematiche ambientali, altri si sono invece dedicati all’agricoltura biologica, affiancando talvolta alla coltura attività parallele come la vendita dei prodotti online, visite guidate alle fattorie e corsi di educazione ambientale. Con la loro atmosfera, le campagne sono poi diventate il luogo ideale anche per numerosi artisti e artigiani che vi hanno stabilito il proprio laboratorio o punto vendita.
Sulla base di tutto questo, risulta evidente che l’arrivo dei migranti urbani ha avuto un impatto significativo sulla realtà economica e culturale delle campagne cinesi e ha arrecato numerosi benefici agli abitanti locali. Molti, infatti, sono stati assunti nelle nuove imprese o ispirati loro stessi a cimentarsi in attività imprenditoriali.
Queste nuove opportunità non solo hanno consentito ai nativi di trovare un impiego vicino casa, rallentando il flusso migratorio verso i maggiori centri urbani, ma stanno anche convincendo i gruppi dei cosiddetti nongmingong (letteralmente “contadini-operai”) a ritornare a villaggio di origine, dopo aver trascorso gli ultimi anni della loro vita come lavoratori precari nelle città.
Ciò nonostante, la presenza dei nuovi residenti non è sempre ben accolta dai locali. Come dimostra anche l’indagine sopracitata, il processo di integrazione tra autoctoni e migranti risulta spesso difficoltoso. A incidere su questo aspetto vi sono sicuramente le differenze nel modo di pensare, nello stile e nelle abitudini di vita, dovute al diverso background socio-culturale che contraddistingue i due gruppi. Diversamente dai migranti, i nativi tendono a privilegiare le relazioni all’interno della sfera familiare e sostengono una visione quasi confuciana dei rapporti sociali, basata tra le altre cose sul sistema patriarcale e il rispetto per gli anziani.
Ancorati ai valori tradizionali della cultura cinese, i residenti rurali hanno talvolta accusato i nuovi arrivati di non tener conto dei principi del fengshui quando ristrutturano gli edifici, nuocendo così all’armonia del villaggio. Mentre dal canto loro i migranti, che considerano l’antica arte geomantica mera superstizione, non accettano interferenze sulle loro scelte, così come non gradiscono le critiche sulle loro preferenze estetiche, che secondo i locali distruggerebbero il fascino e l’autenticità dell’ambiente rurale.
Un’altra questione al centro delle dispute tra i due gruppi riguarda la terra. Non essendo in possesso di un permesso di residenza rurale (nongye hukou), ai nuovi residenti è concesso prendere in affitto i diritti d’uso degli appezzamenti stipulando accordi direttamente con gli abitanti del villaggio che però non forniscono loro alcuna tutela legale. Ciò implica che al momento del rinnovo del contratto, i migranti rischino di perdere in un attimo tutto ciò su cui hanno investito, come fa intendere la testimonianza di uno di loro: “Ho preso in affitto un terreno residenziale da un abitante del villaggio per 30 anni, ma dopo il rinnovo, costui ha maliziosamente alzato l’affitto, minacciandomi di demolire parte dell’edificio se non avessi pagato. Alla fine ho dovuto trovare un compromesso”.
La terra, che i nuovi migranti considerano di fondamentale importanza per la realizzazione dei propri progetti nelle campagne, è al contempo lo strumento che permette ai locali di regolarne l’accesso alla comunità rurale. Secondo uno studio pubblicato nel febbraio 2024 su Habitat International sarebbe proprio il sistema cinese della proprietà collettiva della terra a proteggere gli interessi dei locali e la stabilità delle campagne, limitando l’intrusione di capitale dai gruppi a medio e alto reddito ed evitando il cambiamento radicale della società rurale. Questo sarebbe il motivo per cui in Cina il processo della contro-urbanizzazione non avrebbe portato a una “gentrificazione rurale” (una trasformazione del tessuto socio-economico ndr) come in Europa o negli Stati Uniti, ma semplicemente alla “formazione di una classe media rurale”. Considerando ciò, è difficile stabilire se il fenomeno in questione costituisca più un ausilio o un ostacolo alla strategia di rivitalizzazione rurale, sicuramente rappresenta una interessante sfida per il futuro delle campagne cinesi.
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