La guerra entra nel Kurdistan siriano. Ankara ipotizza un attacco militare
Damasco (AsiaNews/ Agenzie) - La guerra fra regime e ribelli colpisce anche la città di Qamishili, nel Kurdistan siriano. Ieri, un kamikaze a bordo di un auto imbottita di esplosivo si è fatto esplodere vicino al quartier generale delle forze di sicurezza kurde uccidendo quattro persone. Ma secondo fonti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani vi sarebbero almeno otto morti e decine di feriti. L'attacco non è stato ancora rivendicato, ma la tv del regime accusa i ribelli. Questo è il primo attentato che coinvolge Qamishili dall'inizio della guerra contro Assad. Situata a confine con la Turchia, la città a maggioranza kurda è sempre stata sotto il controllo delle forze di sicurezza siriane appoggiate dalla popolazione. Un filmato pubblicato su Youtube da alcuni attivisti mostra le immagini devastanti dell'esplosione. Testimoni parlano di centinaia di scesa per le strade e feriti che trasportati nel locale ospedale.
Il conflitto fra l'esercito di Bashar al-Assad e i ribelli del Free Syrian Army ha coinvolto anche i separisti kurdi e le regioni a maggioranza kurda in Turchia e in Siria. Secondo Ankara, i regimi di Damasco e Teheran avrebbero stretto un'alleanza con i separasti del Pkk turco e le sue diramazioni iraniane e siriane per creare il caos nella regione e limitare i movimenti dei ribelli del Free Syrian Army (Fsa ) sostenuti invece dalla Turchia. Lo scorso 28 settembre, Ahmet Davutoğlu, ministro degli Esteri Turco, ha affermato in una conferenza stampa che vuole realizzare una zona cuscinetto lungo il confine siriano, per mettere in salvo le centinaia di migliaia di profughi in fuga dalla guerra. Secondo gli analisti per compiere una tale mossa, la Turchia dovrebbe avviare operazioni militari sul territorio siriano. Il ministro ha anche accusato il Consiglio di sicurezza Onu di non avere una posizione chiara rispetto alla Siria, lasciando intendere che l'invio di forze militari, anche in segreto, è un'ipotesi realistica. "Restare fermi su delle convenzioni - ha sottolineato Davutoğlu, riferendosi ai membri Onu contrari a un attacco militare - porterà a maggiori pericoli per il futuro".
Scoppiata nel 2011 sull'onda della Primavera araba, la guerra civile siriana è costata oltre 20mila morti e almeno centinaia di migliaia di fuggitivi. Oltre 120mila profughi sono ospitati nei campi in Turchia. La spirale di violenza ha ormai colpito le principali città del Paese, fra cui Damasco e Aleppo, il più importante e antico centro commerciale ed economico del Paese, dove da giorni brucia il quartiere-mercato del "Souk". La zona accoglie circa 1550 fra botteghe e negozi ed è patrimonio dell'Unesco dal 1986. Essa è considerata uno dei più antichi mercati del Medio oriente. La maggior parte degli edifici è di legno e risale all'epoca medievale. Molti siriani hanno criticato la mossa dei miliziani ribelli che nei loro assalti contro il regime non hanno avuto "pietà" e rispetto per la popolazione civile e per i simboli della Siria. "Sono come paralizzato - racconta Ahmed uno dei commercianti del Souk fuggito in un campo profughi in Libano - questa è una guerra sporca, e noi siamo i perdenti. Prima abbiamo perso il nostro lavoro e ora abbiamo perso il nostro negozio".
Oggi, Walid Moallem, ministro degli Esteri siriano di ritorno dall'Assemblea Onu a New York, ha accusato gli Stati Uniti e il Qatar di lavorare per la caduta del regime di Damasco cogliendo il pretesto di armi chimiche come accaduto per l'Iraq di Saddam Hussein. Secondo il diplomatico è in atto un'alleanza trasversale fra Paesi arabi e occidente per far crollare la Siria. "Il Qatar - ha sottolineato Moallem - ha già speso milioni di dollari per uccidere il popolo siriano".