La giunta militare birmana costringe alla fuga la popolazione e perseguita le religioni
New Delhi (AsiaNews) – Il dottor Tint Swe, ministro del governo birmano in esilio, parla in esclusiva ad AsiaNews della situazione nel suo Paese e del recente incremento nella persecuzione contro le etnie che si oppongono al regime militare al potere. Intanto la Corte di Yangoon ha fissato per il 18 settembre l’appello della leader democratica Aung San Suu Kyi contro la recente sentenza che ha esteso per altri 18 mesi gli arresti domiciliari, cui è stata confinata per 14 degli ultimi 20 anni. La comunità internazionale ha criticato la sentenza come iniqua e finalizzata soltanto a impedirle di partecipare alle elezioni del 2010, dato che la precedente condanna sarebbe scaduta tra poco.
Tint spiega che “sin dal colpo di Stato nel 1988, il regime birmano ha spinto grandi gruppi dei suoi cittadini a lasciare il Paese. Per primo, il consiglio rivoluzionario guidato dal generale Ne Win ha costretto migliaia di sostenitori del premier U Nu a fuggire in Thailandia. Da allora, decine di migliaia di studenti, politici, parlamentari eletti, monaci hanno dovuto lasciare l’amato Myanmar e riparare nelle vicine India, Thailandia, Bangladesh. Invece la confinante Cina non ha rifugiati ufficiali birmani. In Myanmar ci sono tuttora decine di migliaia di persone nascoste per sfuggire al regime. Un giorno anche costoro dovranno fuggire altrove”.
“Nella sola Thailandia, a parte i profughi, ci sono 3 milioni di lavoratori migranti birmani, che ottengono permessi ‘annuali’. Nell’India ci sono decine di migliaia di rifugiati. Nel Bangladesh molti rifugiati sono etnici Araken e c’è il rischio di contrasti etnici”.
Il dottor Tint è nato nel villaggio di Min-Ywa vicino la città di Pearl ed è arrivato nell’indiano Mizoram nel 1990. Dal 1991 vive a New Delhi.
“La Cina – prosegue – finora ha evitato il problema dei profughi. Ma le decine di migliaia di profughi ora in fuga dalla zona di Kokang che hanno attraversato il confine cinese, sono in parte dio etnia cinese”.
“Nel Myanmar il 90% della popolazione è buddista Theravada, ci sono poi il 4% di cristiani, il 4% di islamici, 1% induisti e 1% tra buddisti Mahayana e animisti. E’ in atto una persecuzione contro i cristiani. Le chiese sono demolite, specie nelle zone remote. Ci sono state proteste antiislamiche che molti ritengono create dai servizi segreti. Ma soprattutto i monaci buddisti sono perseguitati e uccisi, i monasteri sono perquisiti e saccheggiati. Il regime discrimina le religioni, tutte le religioni, per mantenere saldo il proprio potere”.