La giunta birmana costringe gli sfollati a tornare nelle loro case distrutte
Secondo il quotidiano The Irrawaddy, nella circoscrizione di South Dagon, Yangon le autorità hanno ordinato a circa 2mila sfollati che hanno trovato riparo in monasteri, edifici religiosi e scuole, di fare ritorno alle proprie case. O meglio a ciò che è rimasto delle loro case. Lo sgombero deve avvenire entro il 20 maggio e chi non obbedirà dovrà vedersela con il ministero degli Interni. In 7 circoscrizioni di Yangon e altre 40 nel delta dell’Irrawaddy il voto per la Costituzione dei generali si terrà il 24 maggio. Il regime naturalmente vuole un “grande afflusso alle urne” per legittimare quello che di fatto è un voto manipolato. Per questo la gente deve fare ritorno alla sua residenza, anche se lì non hanno più niente e anche se la loro scelta non peserà affatto sui risultati già decisi dalla giunta: il voto nazionale svoltosi il 10 maggio scorso ha già dato alla Costituzione il 92,4 per cento delle preferenze.
Intanto a Laputta, la città più devastata dal ciclone, le autorità hanno sigillato tutti gli accessi via terra e fluviali. Fonti della Lega nazionale per la democrazia (Lnd), il partito d’opposizione, raccontano che ogni persona che voglia donare anche solo una ciotola di riso deve avere il permesso dei militari. Chi prova ad aggirare i controlli viene arrestato e interrogato. Ieri a Yangon Khin Win Kyi, membro della Lnd, è stata arrestata solo perché aveva cercato di incontrare diplomatici stranieri e rappresentanti Onu per raccontare loro le sofferenze della popolazione e cercare aiuto.